
Sergio Rubini: perché le serie tv sono solo animali da compagnia
Durante un affollato incontro al Teatro Petruzzelli di Bari, il noto attore e regista Sergio Rubini ha condiviso le sue riflessioni sul mondo del cinema e delle serie tv, sottolineando le differenze tra i due mezzi espressivi e il loro impatto sul pubblico. La sua affermazione che “le serie tv ti tengono compagnia come un animale domestico” ha catturato l’attenzione di molti, aprendo un dibattito su cosa significhi realmente consumare contenuti audiovisivi oggi.
l’importanza del linguaggio cinematografico
Rubini ha esordito parlando dell’importanza del linguaggio cinematografico, evidenziando come un film possa rappresentare un’esperienza più profonda e coinvolgente rispetto a una serie tv. Ha affermato che:
- “Un film è più impegnativo, inchioda a una dialettica, a un ragionamento”.
- I film invitano a una riflessione critica e a un’interazione più intensa con il pubblico.
- Le serie tv, pur avendo il loro fascino, tendono a funzionare come un intrattenimento leggero.
Questa distinzione è particolarmente rilevante in un’epoca in cui le piattaforme di streaming dominano il panorama dell’intrattenimento. Rubini ha messo in evidenza come molte delle produzioni di successo siano caratterizzate da una narrazione episodica che si rivolge a un pubblico in cerca di conforto e familiarità, piuttosto che di sfide intellettuali. “Insomma, va salvato il linguaggio cinematografico”, ha sottolineato, richiamando l’attenzione sulla necessità di preservare l’essenza del cinema.
preoccupazioni per la società contemporanea
In un contesto di crescente populismo e nazionalismo, Rubini ha espresso preoccupazioni riguardo alla frammentazione della società contemporanea. Ha affermato che:
- “Tutti si stanno federando, confederando in qualche modo, ma poi ognuno pensa ai cavoli propri”.
- Ha criticato le posizioni di leader politici come Donald Trump, mettendo in dubbio la possibilità di un dialogo costruttivo.
Rubini ha descritto una realtà in cui le persone, pur cercando di unirsi, sembrano incapaci di costruire vere alleanze, evidenziando un problema di comunicazione e collaborazione.
il futuro del cinema italiano
Nel corso dell’incontro, Rubini ha affrontato il tema delle nuove regole di finanziamento ai film italiani, sottolineando l’importanza di raccontare la storia del Paese. Ha dichiarato: “È un argomento molto delicato”, rivelando una sorprendente concordanza con alcune posizioni della destra politica. Ha messo in evidenza un paradosso: mentre la cultura italiana è ricca di narrazioni storiche, le produzioni di questo tipo sono frequentemente affidate a registi stranieri.
Rubini ha espresso il suo disappunto riguardo a opere come “M”, una serie di Netflix basata su un libro di Antonio Scurati, diretta da un regista inglese. “Sapere che una serie bellissima, che racconta la nostra storia, è stata firmata da un regista inglese non fa certo piacere”, ha commentato, evidenziando un problema di appropriazione culturale e di rappresentanza.
Il discorso di Rubini si è intrecciato con il riconoscimento che stava per ricevere quella sera, il Premio Bif&st Arte del Cinema, un riconoscimento significativo per la sua carriera e il suo contributo al panorama cinematografico italiano. Questo premio non solo celebra il suo lavoro come attore e regista, ma rappresenta anche una testimonianza dell’importanza della cultura cinematografica in un periodo di cambiamenti rapidi e sfide complesse.
Il suo intervento ha suscitato una profonda riflessione tra i presenti, molti dei quali si sono ritrovati a condividere le stesse preoccupazioni e speranze per il futuro della cultura italiana. Rubini, con la sua autenticità e la sua capacità di analisi, ha offerto uno spunto di riflessione sul ruolo del cinema nel plasmare l’identità culturale di un paese e sull’importanza di preservare le storie che ci definiscono.
In un mondo in cui le serie tv sembrano dominare il panorama, il richiamo di Rubini a un cinema che sfida e provoca è un invito a riflettere sul valore dell’arte e sulla necessità di raccontare le nostre storie, non solo per intrattenere, ma per educare e formare una coscienza collettiva.