La vicenda di Don Florin Cipca, parroco di Arcella, ha suscitato un acceso dibattito nella comunità di Avellino. Il sacerdote, di origini romene, è stato sospeso dal vescovo Arturo Aiello dopo essere stato trovato alla guida in stato di ebbrezza. L’incidente, avvenuto il 23 febbraio, ha coinvolto un giovane trentenne che, fortunatamente, non ha subito gravi ferite. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Don Cipca ha condiviso la sua versione dei fatti e ha messo in luce la difficile situazione personale che sta affrontando.
La sera dell’incidente, Don Cipca era uscito con amici dopo aver celebrato la messa. Ha dichiarato: «Ho bevuto due bicchieri di amaro e uno spritz. Sulla via del ritorno ho tamponato l’auto che mi precedeva». Dopo l’incidente, un alcol test ha rivelato un tasso alcolemico oltre i limiti consentiti. Nonostante ciò, il sacerdote ha difeso la sua posizione, affermando che non era responsabile dell’incidente: «Purtroppo, stavolta l’alcol mi ha tradito e mi hanno ritirato la patente. Ho guidato per anni e non ho mai avuto problemi», ha sottolineato, esprimendo gratitudine verso il vescovo per il sostegno ricevuto.
La dipendenza di Don Cipca ha avuto inizio durante la pandemia da COVID-19, un periodo critico che ha lasciato segni indelebili nella vita di molte persone, incluso quella di un sacerdote. «Ero parroco a San Biagio di Serino e ho visto tanti miei fedeli morire. Ogni giorno vedevo passare bare dirette al cimitero, uno strazio. Poi ho contratto il virus e sono rimasto isolato per un mese e mezzo. Da quel momento è iniziato tutto», ha raccontato. La solitudine e il dolore lo hanno spinto a cercare conforto nell’alcol, fino a giungere a situazioni estreme: «Ho chiesto a mio fratello di portarmi un liquore per dimenticare tutto. Ho iniziato a bere, arrivando a ubriacarmi con il desiderio di morire».
Il vescovo Aiello ha deciso di sospendere Don Cipca dalle sue funzioni, un gesto severo ma inteso come un’opportunità di recupero: «Mi ha invitato a ricoverarmi in una comunità terapeutica. Gli sono grato, mi ha offerto un’opportunità di riscatto», ha confessato il sacerdote. Questo intervento è cruciale, poiché il recupero da una dipendenza richiede supporto professionale e la comprensione della comunità.
Don Cipca ha venti giorni per riflettere sul suo futuro e sulla sua vita. È consapevole di dover intraprendere un percorso di recupero e ha accennato alla possibilità di rinunciare all’abito talare, una scelta difficile che simboleggia una profonda lotta interiore. La sua storia evidenzia come le battaglie personali possano rimanere invisibili e come la vita di una persona possa cambiare drasticamente in poco tempo.
La comunità di Avellino, in particolare quella di Arcella, si trova di fronte a una realtà complessa. La figura di un prete che affronta una crisi di dipendenza rappresenta una sfida per i fedeli, che possono sentirsi confusi e traditi. Tuttavia, è anche un’opportunità per promuovere una discussione più ampia su temi cruciali come la salute mentale e le dipendenze, che necessitano di essere affrontati senza stigma.
In un momento in cui le persone sono più vulnerabili che mai, storie come quella di Don Cipca possono servire da monito e stimolo a cercare aiuto. La sua decisione di parlare apertamente della sua situazione è un passo importante verso la guarigione, non solo per lui, ma anche per coloro che potrebbero trovarsi in situazioni simili. La strada per il recupero è lunga e difficile, ma la consapevolezza è il primo passo verso una vita migliore e più sana.
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