
Giulia Galiotto racconta la sua battaglia: l'assassino di mia figlia è libero e lo Stato ci chiede 6 mila euro di risarcimento
La storia di Giulia Galiotto è un racconto straziante che mette in luce le contraddizioni e le ingiustizie del sistema giudiziario italiano. Uccisa brutalmente nel 2009 dall’ex marito Marco Manzini, Giulia aveva solo 30 anni quando la sua vita è stata spezzata da un atto di violenza inaccettabile. Questo tragico evento ha sconvolto non solo la vita della sua famiglia, ma ha anche sollevato interrogativi sulla giustizia e sul risarcimento per le vittime di crimini così atroci.
La condanna di Marco Manzini
Dopo un processo che ha catturato l’attenzione dell’opinione pubblica, Marco Manzini è stato condannato a 15 anni di carcere per l’omicidio di Giulia. Tuttavia, la condanna non ha portato la giustizia che la famiglia di Giulia sperava. Secondo la legge italiana, l’assassino deve risarcire i familiari della vittima, e in questo caso l’importo stabilito è di 1.200.000 euro. Purtroppo, Manzini è risultato nullatenente, rendendo impossibile per la famiglia ricevere un centesimo di quanto dovuto.
La richiesta paradossale del fisco
La situazione è diventata ancora più surreale quando il fisco italiano ha richiesto alla famiglia di Giulia un risarcimento di 6.112 euro per tasse relative a una somma mai ricevuta. Giovanna Ferrari, madre di Giulia, ha raccontato di aver ricevuto tre cartelle esattoriali, la prima delle quali è arrivata direttamente a lei. Nonostante i tentativi di contestare la richiesta con l’aiuto del suo avvocato, la situazione non è migliorata.
- Prima cartella esattoriale a Giovanna Ferrari.
- Seconda cartella a suo marito.
- Terza cartella a sua figlia Elena.
Il paradosso del risarcimento e la libertà di Manzini
Un ulteriore aspetto paradossale è che la famiglia non ha mai avuto la possibilità di riscuotere il risarcimento stabilito. Sono riusciti a pignorare solo una piccola parte del TFR accumulato da Manzini prima dell’arresto, ricevendo poco meno di 2.300 euro. Inoltre, Manzini, consigliato dai suoi legali, ha venduto la sua casa prima dell’inizio del processo, ottenendo attenuanti che hanno influito sulla sua condanna. La casa è stata acquistata dalla sorella di Manzini, la quale ha poi donato alla famiglia di Giulia un assegno di 265.000 euro, evitando così l’obbligo di pagare tasse.
Nel 2022, dopo aver scontato 13 anni di pena, Manzini è stato rilasciato per buona condotta e ha trovato un lavoro a tempo indeterminato. In un gesto che Giovanna Ferrari ha definito «insultante», Manzini ha offerto di pagare alla famiglia di Giulia 50 euro al mese come segno di riparazione. Tuttavia, dopo che la famiglia ha ottenuto che gli venisse detratto un quinto del suo stipendio, i versamenti di 250 euro al mese sono cessati quando Manzini ha terminato di scontare la pena nel luglio 2024.
La lotta della famiglia di Giulia Galiotto è un esempio lampante di come la giustizia possa fallire nel fornire risposte concrete e significative a chi ha subito un’ingiustizia profonda. Oltre al dolore per la perdita della loro amata, si trovano ora a dover affrontare richieste fiscali per una somma che non riceveranno mai, evidenziando le gravi lacune del sistema di giustizia e risarcimento.