Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, si trova al centro di una controversia dopo aver ricevuto una condanna di otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio. Questa condanna è legata al caso di Alfredo Cospito, l’anarchico in sciopero della fame. La sentenza ha suscitato un ampio dibattito, sorprendendo Delmastro, che si aspettava un’assoluzione, come richiesto dalla Procura. In un’intervista al Corriere della Sera e a La Repubblica, ha espresso il suo risentimento, definendo i giudici schierati politicamente.
Delmastro ha commentato: «Condannato dopo tre richieste di assoluzione della Procura, credo di essere nel Guinness dei primati». Ha messo in luce come la magistratura, a suo avviso, abbia esondato in questi ultimi anni, citando casi noti come il processo a Matteo Salvini e l’inchiesta su Giorgia Meloni. Ha anche menzionato le «esfiltrazioni di atti segreti» dalla Procura di Roma e il caso Palamara, che ha rivelato intrighi all’interno del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm).
Delmastro ha insinuato l’esistenza di un presunto complotto, affermando che il collegio giudicante fosse «fortemente connotato dalla presenza di Magistratura Democratica», una corrente di sinistra nella magistratura italiana. Ha evidenziato un cambiamento nel collegio, con la rimozione di un componente non iscritto a tale corrente, suggerendo che ciò abbia compromesso l’imparzialità del processo. Si è chiesto: «Come poteva andare a finire?», insinuando che la sua condanna fosse influenzata da pregiudizi politici.
Delmastro ha espresso dolore per il verdetto, affermando che «gli italiani e tanti giudici per bene» sperano in un Csm rinnovato, libero da «giochini» e manovre occulte. Ha ribadito la sua estraneità ai fatti e la sua fiducia nella giustizia, affermando: «Ho sempre creduto nella giustizia e voglio ostinatamente continuare a farlo». Ha sottolineato l’importanza di attendere le motivazioni della sentenza per poter presentare un appello, con la speranza che ci sia «un giudice a Berlino» che possa correggere l’ingiustizia subita.
Nel momento della lettura della sentenza, Delmastro ha sussurrato la parola «vergogna», esprimendo il suo stato d’animo e la convinzione di essere stato vittima di un’ingiustizia. Con i suoi amici, ha ribadito che «tutto il collegio era di Magistratura Democratica», suggerendo che la condanna fosse il risultato di manovre politiche.
L’ex avvocato di Delmastro ha evidenziato che la Procura aveva chiesto l’assoluzione, rendendo la condanna ancora più difficile da accettare. Ha dichiarato: «Le sentenze politiche non si commentano, ma quelle politiche si commentano. E questa sentenza si commenta da sola». Delmastro ha chiarito che la sua condanna era «fondata sul nulla» e ha invitato a riflettere sulla necessità di riforme nel sistema giudiziario italiano.
Infine, ha affermato: «Io non ho tradito i miei ideali: ho difeso il carcere duro verso terroristi e mafiosi. Io non ho tradito!». Queste parole non solo riflettono la sua posizione politica, ma anche un forte senso di appartenenza a un’ideologia che ha sempre sostenuto. La vicenda di Delmastro rappresenta una battaglia ideologica all’interno delle istituzioni italiane, con ripercussioni che potrebbero influenzare le dinamiche politiche future. La condanna di Delmastro continua a sollevare interrogativi sulla politicizzazione della magistratura e sul futuro della giustizia in Italia.
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