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Lettera a Giorgia Meloni: la richiesta di riportare a casa Alberto Trentini come per Cecilia Sala
In un momento di profonda angustia e preoccupazione, Armanda Trentini, madre di Alberto Trentini, ha lanciato un appello accorato alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, chiedendo il suo intervento per riportare a casa il figlio. Alberto, un cooperante dell’ong internazionale Humanity&Inclusion, è detenuto da oltre novanta giorni in un carcere di Caracas, in Venezuela, con l’accusa di terrorismo. Un’accusa che, secondo la famiglia e gli amici, appare infondata e che ha destato grande preoccupazione in Italia.
L’appello della madre
Nel corso della sua apparizione nel programma televisivo “Che Tempo Che Fa” su Nove, Armanda ha condiviso la sua angoscia e il suo desiderio di riunirsi con il figlio. “Ho scritto una lettera e la nostra avvocata l’ha inoltrata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Proprio perché è madre anche lei, mi aspetto che faccia il possibile per riportarlo a casa, magari collaborando con le istituzioni di altri Paesi, come è stato fatto per la nostra giornalista Cecilia Sala“, ha dichiarato. Questo desiderio di intervento governativo è un segnale della speranza che il governo italiano possa agire in modo efficace.
La scomparsa di Alberto
Alberto Trentini è scomparso dalla comunicazione con la sua famiglia il 15 novembre 2024. Quel giorno, come era suo solito, aveva inviato un messaggio dalla sua posizione all’aeroporto di Caracas. “Mi ha mandato un saluto, come sempre faceva”, ha raccontato Armanda. Dopo, però, è calato il silenzio. “Ho atteso i suoi messaggi di arrivo e la mappa di Google per seguire i suoi spostamenti, ma non sono mai arrivati. La sera del 16 mi hanno avvertita che era in stato di fermo”, ha continuato, descrivendo l’angoscia e l’incertezza che hanno avvolto la sua famiglia da quel momento.
- Data della scomparsa: 15 novembre 2024
- Ultimo messaggio: Saluto dall’aeroporto di Caracas
- Data dell’arresto: 16 novembre 2024
La situazione attuale
La madre di Alberto ha confermato che, sebbene inizialmente siano stati rassicurati sulla sua vita, le informazioni sul suo stato di salute rimangono scarse e frammentarie. “Ci hanno detto che sta discretamente bene e che può prendere il farmaco di cui ha bisogno, ma non abbiamo avuto alcun contatto diretto con lui. La nostra disperazione cresce ogni giorno”, ha dichiarato, sottolineando la mancanza di comunicazione e supporto da parte delle autorità locali.
Alberto è un giovane con una profonda vocazione umanitaria. Dopo aver conseguito una specializzazione a Liverpool e un Master a Litz sulla sanificazione dell’acqua, aveva scelto di dedicare la sua vita ad aiutare le persone in difficoltà. La sua decisione di unirsi a Humanity&Inclusion è stata motivata non solo dalla sua passione per l’aiuto umanitario, ma anche da un legame personale: si era innamorato di una ragazza che viveva in Venezuela.
La necessità di un intervento
Armanda ha descritto il figlio come una persona altruista e dedicata, che ha sempre cercato di fare la differenza nella vita degli altri. “Alberto ha scelto questa strada perché amava aiutare chi era in difficoltà. Per lui, era una missione e una passione”, ha affermato, cercando di far comprendere il valore della sua operosità.
Il caso di Alberto Trentini è emblematico delle sfide che affrontano molti cooperanti in territori instabili. La detenzione di Alberto ha sollevato interrogativi sui diritti umani e sulla sicurezza dei lavoratori umanitari. La famiglia e gli amici di Alberto, così come molti osservatori internazionali, stanno seguendo con attenzione gli sviluppi della situazione e chiedono un intervento decisivo da parte del governo italiano.
Armanda ha anche espresso il desiderio di un maggiore supporto da parte delle istituzioni italiane e ha messo in luce la necessità di una strategia diplomatica per garantire il rilascio di suo figlio. “Abbiamo bisogno di un’azione concreta da parte del governo. Non possiamo lasciare che Alberto rimanga in questa situazione senza aiuto”, ha esortato, evidenziando l’urgenza di un intervento.
La storia di Alberto è un promemoria dell’importanza di non dimenticare le vite individuali dietro le notizie e le statistiche. La speranza di Armanda è che la sua lettera possa ispirare un’azione significativa e che, come nel caso di Cecilia Sala, il governo italiano possa trovare le strade giuste per riportare a casa Alberto Trentini, un giovane che ha dedicato la sua vita ad aiutare gli altri.