Nuove regole per la sicurezza stradale
Con la recente riforma del Codice della Strada, i test salivari antidroga sono diventati uno strumento centrale nei controlli stradali. Questi test, che rilevano la presenza di sostanze stupefacenti nella saliva, rappresentano una novità tanto discussa quanto controversa. L’obiettivo è quello di migliorare la sicurezza su strada, ma le implicazioni di questa normativa stanno dividendo l’opinione pubblica.
Come funzionano i test salivari
I test salivari si basano sulla capacità di rilevare i metaboliti delle droghe nei fluidi corporei. Dopo il consumo, le sostanze vengono metabolizzate dall’organismo e possono essere individuate nella saliva in tempi brevi, talvolta già pochi minuti dopo l’assunzione.
I vantaggi di questo metodo includono:
- Rapidità: i risultati sono disponibili in pochi minuti, consentendo controlli immediati.
- Semplicità: la raccolta del campione non richiede procedure invasive.
- Ampia rilevazione: il test è in grado di individuare sostanze come THC, cocaina, oppiacei, anfetamine e MDMA.
Le due tipologie di test salivari in uso
In Italia vengono utilizzati due strumenti principali per i controlli stradali:
- DrugWipe 5S: utilizzato dai Carabinieri, è più sensibile, rilevando il THC con una concentrazione minima di 10 nanogrammi per millilitro, oltre ad altre droghe come oppiacei e cocaina.
- SoToxa: adottato dalla Polizia di Stato, ha una soglia di rilevazione più alta, pari a 25 nanogrammi per millilitro per il THC.
Queste differenze tra i due dispositivi sollevano dubbi sull’uniformità dei controlli, con la possibilità di ottenere risultati differenti per casi simili.
Sicurezza stradale o violazione dei diritti? Il dibattito
L’introduzione dei test salivari ha aperto un acceso confronto tra favorevoli e contrari.
I sostenitori sottolineano che la riforma rappresenta un passo avanti per ridurre gli incidenti stradali causati dalla guida sotto effetto di droghe. I test rapidi e affidabili consentono controlli più efficaci, aumentando la sicurezza per tutti gli utenti della strada.
I critici, invece, evidenziano che punire la positività biologica, indipendentemente dallo stato di alterazione del conducente, equivale a criminalizzare il consumo di sostanze, che non è vietato dalla legge. Questo approccio potrebbe colpire persone non più sotto effetto delle droghe, ma con tracce residue nel corpo.
Studi scientifici e limiti del sistema
Le preoccupazioni sui test salivari trovano riscontro in alcune ricerche. Studi condotti dall’azienda sociosanitaria Papa Giovanni XXIII di Bergamo hanno evidenziato che:
- Il THC può essere rilevato fino a 48 ore dopo il consumo.
- Cocaina e oppiacei possono risultare positivi fino a 96 ore dopo l’assunzione.
Inoltre, è emersa la possibilità di falsi positivi: farmaci utilizzati per trattare patologie comuni, come diabete o ipertensione, possono alterare i risultati, portando a diagnosi errate.
Una normativa in evoluzione
L’introduzione dei test salivari rappresenta un importante strumento per migliorare la sicurezza stradale, ma pone interrogativi sul bilanciamento tra efficacia dei controlli e tutela dei diritti individuali.
Affinché la normativa sia realmente equa, potrebbe essere necessario affiancare i test salivari ad altri accertamenti in grado di stabilire lo stato di alterazione effettivo del conducente. Solo così sarà possibile garantire controlli più precisi e rispettosi delle libertà personali, senza compromettere la sicurezza collettiva.