Da quattro mesi Alberto Stasi esce tutti i giorni dal carcere per andare al lavoro, per poi rientrare la sera.
La notizia è del Corriere della Sera e i familiari di Chiara Poggi non l’hanno presa bene. Ricordiamolo, il 39enne è in carcere a Bollate da dicembre 2015, dove sconta la condanna a 16 anni per l’omicidio della sua ex fidanzata, avvenuto il 13 agosto 2017 a Garlasco, in provincia di Pavia.
Quattro mesi fa il Tribunale di sorveglianza di Milano lo ha ammesso al lavoro esterno. Secondo il racconto del Corriere, svolge mansioni contabili e amministrative, con rigide prescrizioni sugli orari di rientro, sui mezzi di trasporto che può usare, sui percorsi da fare e sui controlli.
Nel 2015 Stasi è stato condannato in via definitiva a 16 anni dopo le annullate assoluzioni del 2009 e del 2011, attraverso la riduzione di un terzo della pena.
La magistratura aveva stabilito un milione di euro di danni e 150mila euro di spese legali a favore dei genitori di Chiara Poggi. Il 39enne continua a respingere il verdetto, ma in sede civile, spiega il Corriere, ha raggiunto una trascrizione che lo impegna a risarcire 700mila euro. Della somma, metà è stata già liquidata, mentre l’altra metà li paga con detrazioni mensili dagli stipendi del lavoro prima in carcere e poi fuori.
Per Alberto Stasi è previsto un fine pena nel 2030. Per buona condotta con lo scomputo di 45 giorni di liberazione anticipata ogni 6 mesi, si può anticipare nel 2028. E nel 2025 potrà chiedere l’affidamento in prova.
“Sapere che chi ha ucciso nostra figlia dopo sette anni già esce dal carcere, pur senza aver mai ammesso la sua responsabilità, spiace. Non sono notizie belle. Ma la legge è così e non possiamo farci niente. Del resto ci aspettavamo che un momento o l’altro avrebbe ottenuto questo beneficio”. Così, Rita Preda, madre di Chiara Poggi, commenta la notizia, scrive Ansa. “Non ne eravamo informati e non ci ha fatto piacere apprendere la notizia in questo modo. Avremmo voluto saperlo non dal giornale”.
Sulla vicenda è intervenuto anche Gianluigi Tizzoni, avvocato della famiglia Poggi: “C’è un tema di ammissione di responsabilità. Il primo giudice aveva negato il lavoro esterno perché Stasi non ha mai ammesso nulla. Altri tribunali non lo concedono se non risarcisci e non c’è un pentimento. Succede solo a Bollate e per i detenuti “mediatici”. E ancora: “L’aspetto più deleterio è che la parte offesa non è stata avvertita. È vero, la legge non lo impone, ma neppure lo vieta”.
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