Il disastro causato dal forte maltempo in Emilia Romagna in questi giorni è stato acuito delle piogge di due settimane fa.
È d’accordo il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR): “Le piogge delle scorse settimane hanno lasciato il suolo in condizioni di saturazione già molto elevata, condizione sfavorevole sulla quale si sono poi impostate le nuove piogge estremamente intense ed arealmente diffuse”.
Resta il rischio frane: “In tale contesto, come già peraltro mostrato dai fenomeni franosi già registrati nelle ultime ore, la probabilità di innesco di altre frane è estremamente elevata e tenderà ad aumentare se le piogge intense continueranno”, si legge in un comunicato del Cnr.
Ne abbiamo parlato con Mauro Rossi, primo ricercatore del CNR- Irpi (Istituto per la Protezione Idrogeologica).
Cosa è successo in Emilia Romagna e perché?
“In questo momento stiamo osservando un evento meteorologico estremo. In particolare, di pioggia estrema, per caratteristiche di intensità, ma anche per estensione sul territorio. Un evento estremo, per sua natura, occorre poco frequentemente. Però purtroppo è il secondo che si registra nella stessa zona in due settimane. In questo contesto tutto quello che è l’occorrenza di fenomeni legati alla pioggia è estremamente amplificato”;
Quindi il disastro che è accaduto è stato reso più grave dal maltempo di due settimane fa?
“L’occorrenza di fenomeni di frana risente di aspetti fondamentali della precipitazione. Una è l’intensità di picco, cioè quanto piove intensamente in una certa durata di tempo. Il fenomeno che stiamo osservando in questi giorni, rispetto all’analisi che abbiamo fatto, risulta estremamente intenso, considerando le piogge delle 24 ore precedenti. L’estrema intensità di pioggia, quando colpisce il suolo, può comportarsi in maniera differente. O si infiltra o defluisce. Nel primo caso però, la capacità di infiltrazione è limitata da quanta acqua il suolo può assorbire. Laddove l’intensità di pioggia è estremamente elevata, l’infiltrazione si riduce e aumenta molto il deflusso. Quando quest’ultimo è elevato, si possono costituire una serie di fenomeni sia sui versanti (ad esempio frane e processi di erosione) sia lungo gli influvi (come allagamenti ed esondazioni). La zona della Romagna è stata interessata precedentemente da uno stesso fenomeno, simile per quantità e durata di pioggia, che ha già parzialmente saturato il terreno. Di conseguenza, queste nuove forti piogge hanno avuto un risultato amplificato. Quando piove sul suolo bagnato, si amplifica ancora di più il deflusso. Per cui fenomeni diventano maggiormente probabili”;
Ci sono investimenti in nuove tecnologie o altri interventi che non sono stati fatti e che potevano evitare questa tragedia?
“Il discorso è ampio. Secondo la storia dei nostri versanti, i fenomeni geo-idrologici sono comuni. Ci sono zone altamente propense al dissesto della fascia collinare-montana dell’Emilia e delle Marche. Fa parte del ciclo naturale delle cose. Ma c’è un condizionamento antropogenico che parte da molto lontano nel tempo. Con le nostre modifiche del paesaggio e il disboscamento abbiamo facilitato l’occorrenza di alcuni fenomeni. Dire che non si può fare niente non è ragionevole. Si può fare qualcosa, ma non può essere risolto nell’immediato. Bisogna adottare strategie che vadano nel medio e lungo termine. Ma deve cambiare l’approccio a queste cose”;
Cosa intende?
“Va cambiato l’approccio di pianificazione nel territorio, il modo in cui condizioniamo l’ambiente che ci circonda, il modo in cui costruiamo e vogliamo controllare questi fenomeni. Gli aspetti da considerare sono tanti. Le nostre capacità analitiche dal punto di vista tecnico-scientifico sono migliorate nel tempo. Ora è possibile prevedere alcuni effetti climatici di questi fenomeni geo-idrologici che impattano sulla popolazione. Resta da investire per capire quali saranno. Possiamo investire in ricerca, in tecniche e strategie di pianificazione che considerino direttamente un cambiamento climatico atteso”;
Ad esempio?
“Ad esempio: all’inizio del secolo abbiamo cominciato a costruire ponti. Il dimensionamento di questi ultimi è stato pensato rispetto al clima e alle caratteristiche degli eventi che venivano registrati in quel momento. Laddove ora osserviamo un incremento di questi eventi estremi con piogge e caratteristiche diverse, dobbiamo ragionare in modo differente e probabilmente realizzare quanto di quello fatto in passato, ora è ancora adeguato”;
Il maltempo in Emilia Romagna è in qualche modo collegato alla siccità?
“Ci sono possibili interazioni: è un argomento aperto dal punto di vista scientifico. La prima considerazione è quando c’è un’estrema siccità, questa impatta anche sul suolo, inteso come primi spessori di materiali che affiorano in superficie. Gli effetti principali sono due, in particolare sull’Appennino, dove il terreno è prevalentemente argilloso: il primo è la sigillatura del suolo, che riesce a infiltrare meno acqua. Dall’altro, si creano fessure. L’argilla quando si essicca produce delle fratture che possono andare anche in profondità. Queste sembrano essere vie preferenziali per l’accumulo di acqua nel sottosuolo, che in qualche modo favoriscono l’innesco di alcuni fenomeni di versanti come le frane. Ma sono argomenti tutt’ora centrali nella discussione scientifica che vanno analizzati”;
Secondo le previsioni meteo, il tempo migliorerà. Resta il rischio frane?
“Quando c’è un miglioramento meteorologico bisogna aspettarsi anche il miglioramento dei fenomeni geo-idrologici. Me in termini di tempo, le due cose possono non corrispondere, in particolar modo per i fenomeni di versanti legati a condizioni di saturazione elevata del suolo. C’è la possibilità che questi fenomeni continuino ancora qualche ora o giorno dopo la fine della pioggia, sempre con la tendenza alla diminuzione”.
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