Dal 2019 ad oggi hanno chiuso oltre 52.000 attività commerciali. Un numero impressionante: ecco quali negozi stanno sparendo
Covid, spese esagerate, bollette pazze, affitti sempre più cari e crisi energetica. Non è un periodo semplice per i commercianti. Gli ultimi dati elencati dalla Confesercenti, confermano un trend che era sotto gli occhi di tutti: in Italia stanno chiudendo migliaia di esercizi commerciali. L’esplosione della pandemia e la chiusura forzata per mesi di numerose attività, ha dato il via ad una crisi che sembra senza freni.
I dati sono impressionanti. Secondo quanto riportato dalla Confesercenti, dal 2019 ad oggi sono stati chiusi oltre 52.000 attività commerciali. Circa il 7% del totale italiano. Dati clamorosi che sono emersi a causa degli effetti dell’inflazione e del caro-energia, che hanno eroso la capacità di spesa delle famiglie. A calare è stato il potere di acquisto. Ogni famiglia italiana ha perso circa 550 euro, che portano ad un totale di 14,7 miliardi di euro in meno. Ma la situazione, alla luce di problemi economici tutt’ora irrisolti e allo sviluppo delle vendite on line (la crisi dei negozi è andata di pari passo con lo sviluppo dell’e-commerce) sembra destinata a peggiorare.
Secondo le ultime stime infatti, da qui al 2030, sono altre 73.000 le aziende a forte rischio. Una media di 19 al giorno. I dati aprono gli occhi su una situazione drammatica e non semplice da risolvere. Confesercenti suggerisce una minore pressione fiscale e l’introduzione di “misure strutturali come un pacchetto di formazione per gli imprenditori, sostegni all’innovazione, una fiscalità di vantaggio per le piccole imprese della distribuzione con fatturato inferiore ai 400mila euro annui e la cedolare secca per le locazioni commerciali”, spiega la presidente De Luise, facendo presente che secondo i calcoli di Confesercenti “con queste misure, sarebbe possibile ridurre l’erosione delle quote di mercato delle piccole superfici, recuperando 5,5 miliardi di euro di vendite, e salvando quasi 30mila attività commerciali di vicinato dalla scomparsa nei prossimi sette anni”. -Secondo i dati analizzati, queste misure potrebbero ridurre l’erosione delle quote di mercato delle piccole superfici, recuperando 5,5 miliardi di euro di vendite, e salvando quasi 30mila attività commerciali, che rischiano di chiudere entro il 2030″.
Il governo, “fin da inizio legislatura sta sviluppando un confronto settoriale con tutte le realtà produttive del paese” e anche nel caso dei commercianti il dialogo ci sarà e sarà “aperto”, ha assicurato il ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, a margine della presentazione dei dati, ribadendo che “è importante valorizzare la filiera del commercio con una politica che consenta anche chi ha un esercizio commerciale di presidiare il territorio, sia i centri urbani, soprattutto i centri storici, sia i piccoli borghi”.
Ma quali sono le attività in crisi o che già sono sparite dalla circolazione? Ad affrontare le difficoltà maggiori sono sostanzialmente i negozi di moda, le edicole e le cartolerie. I primi hanno subito la grande ascesa dell’e-commerce e hanno fatto registrare un calo di 8553 unità (-6,3%) rispetto al 2019. Giornali e articoli da cartoleria hanno invece visto chiudere 3963 imprese, il 13,5 %. In difficoltà anche panifici e pasticcerie (-6,1%, per 679 attività in meno) macellerie (-5,7%, -1.663 imprese). Più contenuta la perdita per le librerie (-2%, o -112 imprese). Alcuni settori registrano invece una crescita: è il caso delle imprese specializzate nella vendita di frutta e verdura (2%, ovvero 432 imprese in più), i negozi specializzati in pesci, crostacei e molluschi (+107 attività, con una variazione positiva del +1,2%) e quelli della distribuzione bevande, che aumentano di 291 attività sul 2019, con una crescita del +4,5% rispetto al periodo pre-pandemico.
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