Un rapporto di Save The Children conferma le difficoltà delle donne a lavorare e a fare figli. Le differenze con l’Europa sono notevoli
In Italia si diventa madri sempre più tardi. Rispetto al passato l’età media delle donne che partoriscono si è alzata notevolmente, diventando una delle più alte in tutta Europa. Secondo un dossier redatto da Save The Children, a pesare sarebbero numerosi fattori. Innanzitutto la maggior partecipazione femminile al mercato del lavoro, nonostante il gap fortissimo, tutt’ora esistente tra uomini e donne.
I dati pubblicati si riferiscono al 2022: in Italia l’età media delle donne che mettono alla luce dei bambini, è di circa 32 anni. Un dato significativo, che porta il nostro Paese in testa a questa speciale classifica a livello europeo. Negli ultimi anni la media si è ulteriormente alzata e l’8,9% di primi parti, riguardano ultra cinquantenni. Come detto, alla base di questo dato, c’è una maggiore partecipazione delle donne alla vita lavorativa. I dati sono stati analizzati e riportati da Save The Children, all’interno del rapporto nominato “Le equilibriste”, arrivato all’ottava edizione. Un nome significativo, che spiega il delicato ruolo delle donne, costrette spesso a cercare un difficile equilibrio tra le necessità lavorative e la vita familiare.
In Italia, come sottolineato più volte, il divario lavorativo tra donne e uomini è molto alto e si è attestato al 17,5%, ma è ben più ampio in presenza di bambini: nella fascia di età 25-54 anni se c’è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali. Le donne, purtroppo, si trovano molto spesso davanti ad una scelta, divise tra il lavoro e la famiglia. Quando nascono i bambini, molte sono costrette ad abbandonare o limitare la loro presenza al lavoro.
Donne sempre più in difficoltà
Il dato è ancora più evidente nel sud Italia, dove l’occupazione delle donne con figli si è bloccata al 39,7%.In assenza invece di bambini, si sale al 46,4%. Dati che evidenziano una netta differenza con il nord dove le donne senza figli si assestano il 78,9% (che diventa 71,5% nel momento in cui nasce un figlio). Nel nostro Paese le madri laureate lavorano nell’83,2% dei casi, ma le lavoratrici sono molte meno tra chi ha il diploma della scuola superiore (60,8%) e precipitano al 37,4% se c’è solo la licenza media. Quando il lavoro per le donne c’è, un terzo delle occupate ha un contratto part-time (32% dei casi contro il 7% degli uomini); se ci sono figli minorenni la quota sale al 37%, a fronte del 5,3% dei padri, e con una metà quasi di queste mamme (15%) che si è vista costretta ad un part-time involontario, come scelta obbligata.
“Basso sostegno alla genitorialità”
Antonella Inverno, responsabile Politiche infanzia e adolescenza di Save the Children Italia, ha dichiarato: “Sappiamo che dove le donne lavorano di più nascono anche più bambini, con un legame tra maggiore fecondità e posizione lavorativa stabile di entrambi i partner. Tuttavia, la condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità e precarietà, a cui si aggiungono la carenza strutturale di servizi per l’infanzia, a partire dalla rete di asili nido sul territorio, e la mancanza di politiche per la promozione dell’equità nel carico di cura familiare“. Secondo la Inverno, “i provvedimenti approvati negli ultimi anni, pur andando nella giusta direzione, non sono che timidi passi sul fronte del sostegno alla genitorialità. Non possiamo permetterci di perdere l’occasione del Pnrr per costruire finalmente una rete capillare di servizi per la prima infanzia ed è altrettanto necessario andare con più forza verso un congedo di paternità paritario rispetto a quello delle madri. L’Italia è un paese a rischio futuro, e se è vero che il trend di denatalità non può essere invertito velocemente, è ancor più vero che è quanto mai urgente invertire il trend delle politiche a sostegno della genitorialità per non perdere altro tempo prezioso”