Grazie al pareggio sul campo dell’Udinese, il Napoli si laurea per la terza volta nella sua storia campione d’Italia. Festa in città
Nel 1990 fu un gol di Baroni a decidere l’ultima e decisiva gara di campionato contro la Lazio, che spalancò al Napoli le porte del paradiso calcistico. A distanza di 33 anni, la città campana torna a festeggiare un titolo strameritato. Probabilmente il campionato meno equilibrato dell’ultimo decennio. Che sin dalle prime giornate ha lasciato intuire un epilogo che è sembrato immediatamente scontato.
Anche stavolta, come trentatré anni fa, tra lo scudetto e il Napoli si è messa di mezzo la Lazio, ultima squadra ad arrendersi allo strapotere partenopeo. Almeno dal punto di vista matematico. Perché se è vero che fino ad oggi gli uomini dell’ex Maurizio sarri erano gli unici ancora in grado di poter raggiungere il Napoli in classifica, è altrettanto vero che nessuno, dall’inizio della stagione ha potuto minimamente insidiare il dominio azzurro.
Il Napoli si laurea per la terza volta nella sua storia campione d’Italia, e lo fa con cinque giornate di anticipo rispetto alla fine del campionato. Basta questo semplice dato statistico per spiegare lo strapotere degli uomini di Luciano Spalletti. Per il tecnico toscano si tratta del primo scudetto vinto in Italia. Un traguardo solo sfiorato sulla panchina della Roma e che lo trasforma a tutti gli effetti nel nuovo Re di Napoli. Spalletti ha saputo plasmare a sua immagine e somiglianza un gruppo che è sembrato per lunghi tratti invincibile. Ha espresso il miglior calcio in Italia e ha sfoderato prestazioni super in Europa.
Ha trovato in Osimhen e in Kvaraskhelia i terminali offensivi capaci di stravolgere le difese avversarie e segnare valanghe di gol. Ha puntato su un portiere, Meret, che sembrava dimenticato agli occhi degli osservatori, ma che si è trasformato nel punto di forza dell’intera difesa. Ha sostituito i partenti con giocatori ambiziosi e capaci di prestazioni super. Ha trovato in Kim un baluardo difensivo, in Lobotka un regista raffinato e in Anguissa un motorino instancabile del centrocampo. Ma ha saputo tirare il meglio da ogni elemento della sua rosa. Da capitan Di Lorenzo, leader silenzioso e simbolo della squadra, a Mario Rui, da Rrahmani ad Olivera, passando per Zelinski, Politano, Lozano e tutti quelli che, in silenzio, hanno atteso il loro turno, come Simeone e Raspadori, autori di gol pesanti come macigni.
Lo scudetto è il simbolo della rinascita partita tanti anni fa da Aurelio De Laurentiis, che ha preso la squadra in Lega Pro e l’ha portata in cima alle classifiche. E’ la vittoria del ds Giuntoli, che non ha fatto una piega di fronte agli addii di Mertens, Koulibaly, Ospina e Insigne, ed ha ricostruito, mattone dopo mattone, una squadra stellare. E’ la vittoria di un popolo intero, che oggi si è diviso tra la Dacia Arena e il Maradona. A Napoli, ma non solo, splende il sole. Il cielo, da stasera sarà a lungo più azzurro.