“No pages without fair wages“. Questo lo slogan degli sceneggiatori Usa che dichiarano sciopero dopo che nelle scorse settimane sono falliti gli accordi sui salari.
I professionisti hanno dichiarato guerra a Netflix, Primevideo, Disnei+, Apple e Paramountplus, ma non solo. La lista delle case produttrici e delle piattaforme online è lunghissima.
Senza la figura professionale degli sceneggiatori, l’intera industria cinematografica andrebbe in crisi, dal momento che sono gli scrittori per la televisione e il cinema. Quello dichiarato oggi è il primo sciopero da quindici anni a questa parte.
La tensione sale da metà aprile, quando con un referendum online quasi il 98% degli sceneggiatori si era detto a favore un una protesta per far valere il loro diritto a un aumento dei compensi. Il problema non è solo economico, ma anche l’avvento dell’Intelligenza artificiale.
Secondo la Writers Guild of America West, gli enormi ricavi degli studios non si sono tramutati contestualmente in una redistribuzione dei guadagni degli sceneggiatori. Eppure la loro figura è tra quelle che hanno il maggior merito dell’aumento dei profitti.
Come ha evidenziato il comico e conduttore Jimmy Fallon, sono a rischio anche gli show. “Gli scrittori stanno attraversando una crisi esistenziale”, ha fatto sapere il sindacato Writes Guild of America West. “Tutte le stesure dei copioni devono cessare immediatamente. Il comportamento delle aziende e la loro posizione inamovibile in questa negoziazione ha svalutato ulteriormente la professione di scrittura”.
Il sindacato accusa le major e le piattaforme di aver fatto lavorare moltissimo i freelance senza garantire un salario e la copertura minima di tutela degli sceneggiatori. “Dal loro rifiuto di garantire qualsiasi livello di occupazione settimanale, televisiva, episodio, alla creazione di una tariffa giornaliera, al loro ostruzionismo sul lavoro gratuito per gli sceneggiatori, le grande aziende hanno sbattuto la porta in faccia alla forza lavoro”.
Dal canto suo, l’Alliance of Motion Picture and Television Producers, cioè l’associazione di categoria che contratta per conto di studi e società di produzione, ha affermato di aver presentato un’offerta con “generosi aumenti per gli scrittori” e che sarebbe anche stata disposta ad aumentarla, “ma non al punto di accettare tutto quello richiesto dalla WGAE”.
Così si rischia un vero e proprio empasse che potrebbe tenere ferma l’intera industria per mesi a causa dello sciopero. Le ripercussioni economiche non sarebbero da poco. Secondo una stima della National Public Radio risalente a febbraio 2008, undici anni fa la stessa protesta costò all’industria dell’intrattenimento circa 1.5 miliardi di dollari. Uno studio della UCLA Anderson School of Management stimò la perdita di 380 milioni di dollari
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