Giovanni Trapattoni, ex commissario tecnico della Nazionale, compie 80 anni domenica 17 marzo. Ha accompagnato per mano ogni passaggio del nostro calcio dell’era moderna, prendendo idealmente il testimone da Gipo Viani e Nereo Rocco.
Quella di Giovanni Trapattoni, nato a Cusano Milanino il 17 marzo del 1939, è la storia più bella che il nostro calcio abbia mai saputo scrivere. E non per i successi sul campo (tanti) e le sconfitte (non molte, spesso brucianti), non per i mezzi tecnici ma per quel suo modo di conquistare tutti con il lavoro, gli esempi, la dedizione.
Non c’è nessuno che possa aver attraversato tre mondi così diversi e così rivali come quelli di Milan, Juventus e Inter riuscendo ad appartenere a pieno titolo a tutti e tre senza che nessuno possa rimproverargli il resto del cammino. Non c’è nessuno con un passato pesante juventino che sia stato in grado di andare a farsi amare anche a Firenze, portandosi dietro altri due “gobbi” come Di Livio e Torricelli.
E la spiegazione sta nel fatto di essere prima di tutto il Trap e poi un ex di Juventus, Milan e Inter. È riuscito a essere anima di ogni maglia che ha vestito ma in modo così discreto da poterne indossare un’altra senza rinunciare al patrimonio di credibilità conquistato.
Il segreto? Imparare sempre e insegnare senza mai salire in cattedra. Anche se avrebbe potuto benissimo farlo. Quando giocò la prima partita in Serie A con la maglia del Milan era il campionato 1957-1958. In quella squadra magica c’erano anche Gigi Radice, Nils Liedholm e Cesare Maldini. L’allenatore era Gipo Viani, una sorte di università del pallone. Era l’anno del lancio del primo satellite nello Spazio, il sovietico Sputnik. Un altro mondo e oggi che è cambiato tutto, il Trap è ancora lì, attivissimo sui social, capacissimo di utilizzarli come un ragazzino.
Ufficialmente non è in pensione, ha ricevuto ancora offerte ma ha declinato perché la moglie – conosciuta ai tempi del ritiro romano con la Nazionale Olimpica del 1960 – ha minacciato di cambiare la serratura. Il campo è una pagina chiusa ma è sempre lì, senza rimpianti, a parte il Mondiale nippocoreano del 2002, chiuso in malo modo per colpa di un arbitro come Byron Moreno: “Quella partita vorrei rigiocarla, per il resto ho commesso errori ma sono stati fra i migliori insegnamenti che abbia mai ricevuto”.
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