Le autorità australiane hanno revocato oggi 27 febbraio la libertà su cauzione al cardinale George Pell. L’alto prelato, 77 anni, ministro dell’economia vaticano, ha ricevuto una dichiarazione di colpevolezza da una giuria. Avrebbe compiuto abusi sessuali su due coristi di 13 anni quando era arcivescovo di Melbourne verso la fine degli anni ’90.
Ora la County Court di Melbourne ha stabilito la revoca della libertà. Da stanotte Pell sarà detenuto nella Assessment Prison di Melbourne, in attesa della sentenza vera e proprio sul suo caso, prevista per il 13 marzo.
George Pell è, finora, il più alto funzionario della Chiesa cattolica condannato per casi di pedofilia. Rischia 50 anni di carcere.
La posizione ufficiale del Vaticano è espressa nelle dichiarazioni del portavoce della Santa Sede, Alessandro Gisotti. “Per garantire il corso della giustizia il Santo Padre ha confermato le misure cautelari già disposte nei confronti del Cardinale – ha affermato Gisotti -. Ossia il divieto in via cautelativa dell’esercizio pubblico del ministero e, come di norma, il contatto in qualsiasi modo e forma con minori di età“.
“La Santa Sede – ha aggiunto – si unisce a quanto dichiarato dal Presidente della Conferenza Episcopale Australiana nel prendere atto della sentenza di condanna in primo grado nei confronti del Cardinale George Pell”.
Si tratta “di una notizia dolorosa che, siamo ben consapevoli, ha scioccato moltissime persone, non solo in Australia. Come già affermato in altre occasioni, ribadiamo il massimo rispetto per le autorità giudiziarie australiane“.
“In nome di questo rispetto – ha concluso il portavoce della Santa Sede – attendiamo ora l’esito del processo d’appello, ricordando che il cardinale Pell ha ribadito la sua innocenza e ha il diritto di difendersi fino all’ultimo grado. In attesa del giudizio definitivo, ci uniamo ai vescovi australiani nel pregare per tutte le vittime di abuso, ribadendo il nostro impegno a fare tutto il possibile affinché la Chiesa sia una casa sicura per tutti, specialmente per i bambini e i più vulnerabili”.
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