“Un intervento”, per la prima volta in Italia il testo di Mike Bartlett diretto da Fabrizio Arcuri

Amore e guerra. Il privato e il pubblico. Ma anche il personale opposto al sociale. “In fondo sono temi universali che attingono dalla tragedia greca e continuano a essere declinati in tanti modi diversi, fino ai giorni nostri”. Parola di Fabrizio Arcuri, regista teatrale che ha portato in scena (per la prima volta in Italia) il testo dal titolo “An Intervention”, pubblicato nel 2014 dal giovane drammaturgo inglese Mike Bartlett. Il debutto della pièce intitolata “Un intervento“, nuova produzione targata CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia, è avvenuto a Milano al Teatro Filodrammatici a fine gennaio, ed è stato poi proposto con successo al Teatro Palamostre di Udine. E di sicuro, dopo le ultime repliche del 23 febbraio e del 27 presso il Teatro Pasolini di Cervignano, questo spettacolo verrà ripreso nella prossima stagione teatrale. Perchè ha una potenza narrativa e una profondità psicologica che non possono non avere un impatto sullo spettatore. E anche perchè le magnifiche interpretazioni dei protagonisti Rita Maffei e Gabriele Benedetti toccano nel profondo, scavano nell’interiorità di ciascuno di noi, creano immedesimazione e condivisione.

“Un intervento”, Fabrizio Arcuri porta in scena il testo di Mike Bartlett tradotto da Jacopo Gassmann

Sin dall’inizio la scena si presenta scarna e minimalista. Sul palcoscenico un sipario (che rimarrà sempre chiuso), pochi oggetti (uno stereo, poi due poltrone con un tappeto, a seguire una scala e poco altro) e due piccoli pannelli indicatori, recanti una A e una B. Ed eccoli che arrivano in scena, A e B appunto (Rita Maffei e Gabriele Benedetti). Una donna e un uomo, due individui che si sono conosciuti a una festa e sono diventati amici. Due esseri umani che si incontrano e si confrontano, che davanti al pubblico (e con esso) discutono di cose personali e di questioni civili, affrontano tematiche legate al proprio intimo e altre ben più grandi di loro, come l’intervento militare in Iraq. I loro punti di vista sono diversi, talora opposti; il personale (A tende a bere un po’ troppo, B vive una relazione infelice) e il civile (la partecipazione alla guerra) tendono a confondersi e a mischiarsi, e il pubblico viene continuamente interrogato: da che parte stare? Essere favorevoli a un intervento? Ma di quale intervento parlano A e B, di quello personale o di quello bellico?

Sono 5 atti brevi per riflettere sui nostri comportamenti, sul nostro disagio nelle relazioni, sul nostro disagio nello stare al mondo, nel vivere in questa società, sull’origine stessa di questo disagio” ci racconta al telefono il regista Fabrizio Arcuri, che a proposito della preparazione della pièce ci dice. “Abbiamo lavorato cercando intanto di avere un’idea scenica chiara di tutti gli atti di cui è composto il testo. Nel giro di pochi giorni lo abbiamo montato tutto per avere uno sguardo compiuto del percorso, e poi siamo tornati indietro e lentamente abbiamo cercato di mettere a fuoco quale fosse la qualità della relazione di A e B in ogni atto. La cosa interessante del testo è che in qualche modo si rivendicano posizioni sul piano pubblico, che poi smentiscono nel privato. Ad esempio: A è assolutamente contro l’intervento, però poi si permette di intervenire a gamba tesa nel privato dell’altro. I protagonisti declinano ideologia e pratica in modo del tutto diverso, tanto che è molto difficile prendere una posizione”.

Il regista Fabrizio Arcuri dirige Rita Maffei e Gabriele Benedetti nella pièce “Un intervento”

Tradotto in italiano da Jacopo Gassmann (figlio di Vittorio Gassmann e Diletta D’Andrea), “Un intervento” è un testo che il regista Fabrizio Arcuri conosceva da tempo, e che grazie al CSS è riuscito a portare per la prima volta nei teatri italiani.
Questo testo mi era stato fatto leggere un po’ di tempo fa per un’ipotesi di messa in scena che però poi non ha trovato poi uno sbocco pratico e realizzabile. Mi era però rimasta la sensazione che fosse un’opera davvero interessante; l’ho letta più volte perché mi sembrava che ci fosse dentro la possibilità importante (non così ovvia) di mettere sul piatto una questione semplice e chiara a tutti, ma che pagina dopo pagina si riempie di complessità, sfumature e potenzialità pur mantenendo una struttura semplice e di chiara lettura per tutti. E’ un testo che si basa su un piccolo incontro tra due persone, una relazione semplice come ne conosciamo tante, però dentro poi reca tantissimo. È interessante constatare come sia difficile pensare di essere felici in un mondo che è costruito e va in una direzione che nessuno di noi ha scelto, che è difficile da contrastare e ci rende impossibile la ricerca della felicità”.

Determinante, per l’ottima riuscita dello spettacolo, la scelta dei due attori protagonisti, che dovevano avere dei tratti caratteriali personali in comune con i due personaggi descritti nel testo di Mike Bartlett.
Rita Maffei e Gabriele Benedetti sono persone caratterialmente vicine a un aspetto che secondo me era interessante che emergesse all’interno della relazione. Rita è una persona più passionale, più coinvolta e che si lascia coinvolgere, ma al contempo è più fragile; Gabriele è un po’ più cinico, distaccato, calcolatore. Mentre per il personaggio di A non è chiaro come ricercare la felicità (ma la cerca comunque), B fa delle azioni molto razionali, decide di non occuparsi più del mondo ma di cercare di trovare la felicità attraverso la relazione con una persona più superficiale, che non si preoccupa dell’esterno e delle tragedie che succedono, e tenta di adeguarsi al modello preimpostato della società (figlio, famiglia felice). Lui ha un piano che fallisce (guarda ai proprio interessi e egoisticamente tenta di vivere felicemente in un mondo che felice non è), lei spara un po’ a zero, tenta di cercare la felicità dove può, nell’impegno sociale, in un tentativo di relazione con B. Rita Maffei possiede di suo queste caratteristiche, è passionale, istintiva, vive in modo più diretto. Gabriele è una persona più distaccata, distante, non fa fatica a immedesimarsi nel personaggio di B”.

Pubblico e privato, personale e civile nello spettacolo “Un intervento”, prodotto dal CSS di Udine

Pochi oggetti presenti in scena, si diceva. Tra essi un piccolo stereo, messo a disposizione di A e B, che tra un atto e l’altro scelgono un brano da trasmettere. Ed ecco che si susseguono, nel corso dello spettacolo, “Heart of gold” di Neil Young, “I Won’t Let you Down” di PH D, “War” di Bruce Springsteen e la cover di “Nothing Compares 2U” di Sinead O’Connor.
Sono stato un po’ guidato dal fatto che il primo atto si intitola “un’armonica” e di fatto si parla di un’armonica” ci spiega Arcuri. “A esprime la volontà di andare una manifestazione, e di portarsi quello strumento perché lo ritiene adeguato; c’è quella atmosfera anni ‘60 e ‘70, quell’idea di partecipazione, collettività. Partendo da quel brano di Neil Young ho pensato che potevamo fare una specie di viaggio musicale, che partisse dagli anni ‘60 e arrivasse fino ai giorni nostri, cercando di individuare le musiche che erano legate all’idea di lotta e rivoluzione. Per gli anni ‘80 ho usato una canzone che (come è stato quel periodo storico) fosse dance e non avesse nulla a che fare con qualcosa di rivoluzionario o di protesta, ma anzi esprimesse leggerezza e quasi frivolezza, spostasse l’interesse dalla piazza agli stadi e alle discoteche. “War” di Bruce Springsteen esprime gli anni ‘90, è un po’ nostalgico come lo sono stati quegli anni. Alla fine c’è la cover di “Nothing compares 2U” cantata da un blues man; è un brano che si rifà a una canzone scritta da due artisti che sono un po’ due suicidati della società, come Prince e Sinead O’ Connor. Mi sembra che i brani che ho scelto creino una sorta di micro storia, di percorso emotivo degli ultimi 30-40, ci fanno capire che in fondo le cose si ripetono in maniera diversa ma siamo sempre nella stessa dimensione”.

“Un intervento”, in scena per la prima volta in Italia il testo del 2014 di Mike Bartlett

Interessante anche la scelta di usare dei costumi che richiamano sempre la scena: gli abiti hanno lo stesso colore del sipario, oppure delle poltrone e del tappeto che vengono allestiti, o ancora degli scarni oggetti che arredano la scena. E li compito di modificare l’allestimento scenico è affidato all’artista e scenografa Luigina Tusini, che entra ed esce di scena tra un atto e l’altro.
Il testo originale non fornisce indicazioni, se non li fatto che A e B sono davanti a un sipario che non si apre mai; è come se quello che succede dentro il palcoscenico non dovesse accadere mai, A e B dovrebbero comportarsi come un comico e una spalla, in una sorta di stand-up comedy. Loro stanno davanti al sipario e si relazionano con il pubblico. Le uniche cose di cui si parla nel testo sono gli oggetti: l’armonica, le tartine, la scala, le pinte di birra. Ho pensato che sarebbe stato interessante se anche A e B fossero oggetti tra gli oggetti, perché noi analizziamo in maniera quasi chirurgica un comportamento, una relazione. Era interessante che la dimensione dei due attori davanti al sipario, senza nessuna protezione, si lasciassero in qualche maniera ispezionare dal pubblico, come se fossero anche loro degli oggetti”.

Privato e pubblico. Amore e guerra. Personale e universale. Un intervento. Scegliete (se potete, e se ci riuscite) da che parte stare.

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