Mentre i politici litigano su tutto in televisione, a Reggio Calabria si muore tra le fiamme. Aldo Diallo, 25 anni, del Senegal ha perso la vita in un incendio. Nella notte fra ieri e oggi 16 febbraio il rogo, l’ennesimo, ha devastato la tendopoli di San Ferdinando. È lo spaventoso ghetto che da anni “ospita”, si fa per dire, i braccianti migranti della Piana di Gioia Tauro. Povera gente che lavora per pochissimi euro spaccandosi la schiena tutto il giorno nella campagne circostanti.
Ieri sera le fiamme si sono sviluppate nella parte iniziale del campo, quella più vicina alla strada. E in pochi minuti hanno divorato una trentina di baracche. Gli occupanti, riporta su Repubblica un articolo a firma di Alessia Candito, sono fuggiti, hanno iniziato a correre con secchi e altri recipienti di fortuna verso le poche fontane. Hanno cercato di domare l’incendio in attesa dell’intervento dei vigili dei fuoco.
Ma subito ci si è resi conto che Aldo Diallo non c’era. Dalla sua tenda non era mai uscito. Inizialmente, il bilancio era apparso ancora più serio. Oltre a lui, all’appello mancavano altre due persone e si temeva che i morti fossero tre. Poi i soccorritori hanno trovato i dispersi. Ma quando le fiamme sono state domate la morte di Aldo Diallo è stata confermata. I pompieri hanno ritrovato il suo corpo è stato ritrovato all’interno della baracca in cui abitava. Una tragedia annunciata dal copione sempre uguale a se stesso.
Non esistono servizi, né luce, né acqua alla tendopoli, scrive Candito su Repubblica. Per scaldarsi, si può far ricorso solo a piccoli falò o vecchi bracieri. Tutto materiale che,fra centinaia di baracche messe in piedi con brandelli di vecchie tende, pannelli di plastica o legno e materiali di scarto, sono come bombe a orologeria.
La Prefettura ha convocato un vertice al Comune di San Ferdinando. All’alba, il prefetto Michele di Bari e le forze di polizia hanno fatto un punto della situazione. Ed è arrivata la decisione: via al piano per trasferire, a breve, i migranti che vivono nella baraccopoli di San Ferdinando. Da tempo ormai si parla di superamento della baraccopoli, ma al momento agli annunci non sono mai seguite azioni concrete.
Una nuova tendopoli è stata allestita ormai anni fa come “soluzione temporanea” a pochi passi dal vecchio ghetto, ma fin da subito si è dimostrata troppo piccola e troppo precaria. A dicembre, le Regione si è impegnata a supportare con un fondo di garanzia l’integrazione abitativa dei migranti nei tanti alloggi sfitti di San Ferdinando e dei Comuni limitrofi, così come nei tanti beni confiscati nella zona.
Per agevolare il processo è nato anche un comitato spontaneo che mette insieme braccianti, rappresentanti sindacali, urbanisti e pianificatori territoriali, attivisti, mentre la prefettura ha avviato un censimento per individuare con esattezza il numero dei braccianti senza casa. Ma anche a causa delle resistenze delle amministrazioni comunali interessate, il processo prosegue a rilento.
“Non è tollerabile una situazione di questo genere, bisogna trovare delle soluzioni subito, ne va della possibilità di affermare che l’Italia sia un Paese civile” dice a Repubblica Giuseppe Borgese della Flai-Cgil, fra i primi ad arrivare questa notte in tendopoli. Al termine della riunione, la prefettura ha diramato un comunicato in cui si afferma che “è stato approntato un piano per trasferire, nel breve periodo e previe le necessarie verifiche di legge, i migranti”. Dove e quando, non è dato sapere.
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