Cresce di intensità, nel governo M5S-Lega, la battaglia sulle chiusure domenicali dei negozi. E si riapre il confronto con il mondo del commercio. Oggetto del contendere, tra le forze della maggioranza, è la proposta di legge tramite la quale si vuole regolare la possibilità o meno per i cittadini di fare acquisti nei giorni festivi. Negozi ed esercizi di ogni genere devono tornare, come un tempo, a rispettare la chiusura totale?
Questa è, nella sostanza, la proposta del Movimento Cinque Stelle. Avversata nettamente dalla Lega di Matteo Salvini. La commissione Attività Produttive della Camera è al lavoro per trovare una mediazione. Sta esaminando il testo di sintesi delle diverse proposte depositate dai parlamentari. E riascolterà in audizione le associazioni di categoria, alla luce delle modifiche inserite nell’ultima versione: quella del 31 gennaio scorso.
Sul tema, Lega e M5S hanno trovato una formula comune. “Siamo passati da tutti i negozi chiusi ad aperti con buon senso, inserendo il tema dei centri storici“, ha spiegato la presidente di commissione Barbara Saltamartini (Lega). Ha poi aggiunto che per il suo partito è particolarmente importante combattere il fenomeno dello spopolamento dei centri abitati. E che si tratta anche di un modo per garantire la sicurezza nelle città.
Le aperture domenicali, come è noto, sono un tema caro anche alla Chiesa, come ha ricordato anche ieri 14 febbraio il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, che ha aggiunto di comprendere “anche il problema dei posti di lavoro”. Il testo di sintesi su cui si sta lavorando “è di buon senso, anche se non è la Bibbia”, ha continuato Saltamartini. Nei prossimi giorni “ci sarà un nuovo confronto con le realtà associative anche per rivalutare gli effetti sull’occupazione, poi passeremo alla fase emendativa”. L’intenzione di base è che si arrivi alla più ampia condivisione possibile in Parlamento.
La proposta di legge depositata da Movimento Cinque Stelle e Lega, prevede di dimezzare le attuali aperture alla domenica. Ed è già un compromesso. Che rischia però di saltare. Attività aperte, cioè, per non più di 26 domeniche all’anno rispetto alle 52 attuali. Si aggiungerebbe la serrata in occasione delle 12 festività nazionali. Da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, riportata dal quotidiano Il Giorno, si evince che sono 12 mila i negozi a Milano città. Stabili nell’anno.
Concentrandosi sul chilometro e mezzo dell’arteria dello shopping fra Porta Venezia e Loreto, si contano 222 vetrine. “Tra l’80% e il 90% dei negozi di corso Buenos Aires sceglie di aprire la domenica. Abbiamo calcolato, con il Municipio 3, che se entrerà in vigore l’apertura di una domenica su due si registrerà una perdita di fatturato annuale compresa fra 7% e 8%. Andranno in fumo 15-16 milioni di euro”.
Migliaia di clienti persi, in primis turisti. “Milano è una tappa sempre più prediletta come dimostra la crescita degli arrivi a gennaio. Come sarà possibile avvisare i turisti del calendario di aperture e chiusure domenicali? Invece che partire la domenica lo faranno il giorno prima”.
E le conseguenze si faranno sentire sull’occupazione: “Sfumeranno il 10%, almeno 200 posti di lavoro su un totale di 2 mila dipendenti in corso Buenos Aires. E si ridurranno gli straordinari. Tanti vogliono lavorare la domenica, vuoi per guadagno o per avere i giorni di riposo in settimana”. In gioco non c’è però solo il destino dei negozi, ma anche di bar e ristoranti: “Se non c’è il flusso di persone non avranno ragione di tenere aperto e finiranno per chiudere”.
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