Nel Bresciano è avvenuto un licenziamento destinato a far discutere. E a costituire un precedente per la giurisprudenza. Perché ormai la Corte di Cassazione lo ha confermato in via definitiva. La vicenda riguarda una donna della provincia di Brescia. Era segretaria part time in uno studio medico. E dal posto di lavoro si collegava frequentemente a Facebook.
La Cassazione, dunque, ha reso definitivo il licenziamento disciplinare, confermando la decisione della Corte d’appello. I magistrati, in secondo grado, avevano ritenuto la gravità del comportamento della segretaria particolarmente significativo. Poiché in “contrasto con l’etica comune”, tanto da incrinare il rapporto di fiducia.
Il datore di lavoro aveva portato in tribunale come prova la cronologia del computer aziendale usato dalla donna. Questo per dimostrare come la segretaria avesse effettuato 6 mila accessi a internet. Di questi, 4.500 erano accessi al celebre social network.
I giudici hanno accolto tale “prova”. Malgrado la difesa della signora avesse lamentato l’insufficienza di questi dati. Secondo gli avvocati non bastavano a dimostrare che fosse stata proprio lei ad accedere a Facebook dal pc aziendale.
Sul punto, tuttavia, la Cassazione ha rilevato che la questione attiene al convincimento del giudice di merito. Il quale, nel processo precedente, aveva motivato la decisione col fatto che “gli accessi alla pagina Facebook personale richiedono una password, sicché non dovevano nutrirsi dubbi sulla riferibilità di essi alla ricorrente”.
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