A due anni dalla tragedia dell’Hotel Rigopiano spazzato via da una valanga alle pendici del Gran Sasso – in cui persero la vita 29 persone – si volge oggi 18 gennaio a Farindola (Pescara) la cerimonia che ricorda le vittime. Presenti i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
MESSA E INCONTRO AL PALASPORT
Dopo i saluti e qualche momento di raccoglimento e preghiera, nei pressi del totem dell’hotel, alle 11.30 la messa celebrata dall’arcivescovo della diocesi Pescara-Penne Tommaso Valentinetti, nella chiesa del paese. E alle 15.30 un altro momento di incontro e commemorazione al palasport di Penne. I primi ad arrivare nei pressi delle rovine dell’hotel di Rigopiano sono stati alcuni parenti delle vittime.
“UNA LEGGE PER RIGOPIANO”
I familiari si sono riuniti in qualche minuto di raccoglimento, decisi a portare avanti la battaglia per arrivare alla verità e ottenere una “‘legge Rigopiano’, che prenda spunto dalla legge ‘Viareggio’“, il provvedimento relativo agli indennizzi per i parenti delle 32 vittime della strage alla stazione ferroviaria. Il governo in un pacchetto di 4 emendamenti al decreto Semplificazioni, ha proposto uno stanziamento di 10 milioni ai familiari delle vittime e ai superstiti del “disastro di Rigopiano”.
SALVINI E DI MAIO
Ed è proprio questa decisione che il vicepremier leghista Matteo Salvini ha rivendicato con un messaggio Facebook, durante il viaggio verso Rigopiano: “Dopo due anni di chiacchiere, di silenzio, adesso nel decreto semplificazioni che arriva in Aula nei prossimi giorni un provvedimento per aiutare vittime, sopravvissuti e feriti”. Mentre l’altro vicepremier, il pentastellato Luigi Di Maio ha dichiarato: “Noi ci siamo, siamo qui anche per far capire a quei signori da che parte stiamo. Da che parte sta lo Stato. È importante per me comunicarlo anche con la presenza dello stato qui” e ha salutato alcuni parenti delle vittime davanti al totem dell’hotel. A ringraziare Salvini e Di Maio è stato il padre di Marinella Colangeli una delle 29 vittime: “Salvini e Di Maio grazie, siete dei veri papà” ha detto durante la cerimonia davanti al totem del resort.
COSA SUCCESSE QUEL GIORNO…
Il 18 gennaio 2017 l’ Abruzzo è nel pieno di una drammatica emergenza maltempo. Poco prima delle 17, una valanga si stacca e travolge l’Hotel Rigopiano a Farindola, in provincia di Pescara. Nel resort ci sono 40 persone (28 ospiti, di cui quattro bambini e 12 dipendenti), rimasti ‘imprigionati’, dopo che la forte nevicata aveva bloccato la strada che collegava il rifugio col fondovalle, nonostante gli appelli non si era riusciti a trovare una turbina spazzaneve per liberare il percorso: 29 persone perdono la vita, quasi tutte sul colpo.
LE INDAGINI
Gli inquirenti indagano 40 persone per quel che riguarda la gestione dell’emergenza. Sotto la lente dei magistrati, Serpi e Papalia, finisce il corto circuito avvenuto tra i vari livelli istituzionali deputati a gestire quella emergenza di maltempo: chiamati in causa Regione Abruzzo, Prefettura e Provincia di Pescara, Comune di Farindola. Un corto circuito che, secondo la Procura, avrebbe causato gravi ritardi nell’attivazione della macchina dei soccorsi. Le indagini dei carabinieri forestali consentono di appurare che dal resort, il giorno della tragedia, furono lanciate diverse richieste di aiuto: gli ospiti dell’hotel erano intrappolati dalla neve e chiedevano di sgomberare la strada per lasciare Rigopiano. Tra turbine fuori uso e mezzi impegnati in altre zone, però, l’hotel restò isolato fino alla mattina del 19, quando i soccorsi riuscirono a raggiungere il luogo del disastro.
SOCCORSI IN RITARDO DI DUE ORE
Carenze ed errori caratterizzano anche la fase post-valanga: Giampiero Parete, uno dei presenti, scampato alla tragedia, lanciò subito l’allarme, ma a causa di una lunga serie di equivoci, sottovalutazioni e incomprensioni, che per diverse ore portarono a liquidare la faccenda quasi fosse uno scherzo, i soccorsi si attivarono solo dopo due ore e mezza l’accaduto. L’inchiesta si è poi allargata, tirando in ballo anche la mancata realizzazione della Carta prevenzione valanghe da parte della Regione e i permessi per la ristrutturazione del resort.
GLI INDAGATI E LE IPOTESI DI REATO
Il 26 novembre scorso, a meno di due anni dalla tragedia, la Procura di Pescara ha chiuso l’inchiesta, compiendo una corposa scrematura: gli indagati, accusati a vario titolo di disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d’atti d’ufficio e abuso in atti d’ufficio, scendono a 25. Tra le figure più in vista l’ex prefetto Francesco Provolo, il presidente della Provincia Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il gestore dell’albergo Bruno Di Tommaso. Poi un elenco di dirigenti, funzionari e tecnici. Esce di scena il livello politico con la richiesta di archiviazione per gli ex governatori e assessori alla Protezione civile.
INCHIESTA BIS PER DEPISTAGGIO
Poche settimane fa il colpo di scena: viene aperta un’inchiesta bis, a carico di Provolo e di altri sei esponenti della Prefettura, con l’accusa di depistaggio e frode processuale. Si scopre che dal resort, la mattina del 18, partì una telefonata che arrivò in Prefettura. L’ipotesi della Procura, che sta stringendo i tempi per chiudere e andare a processo, è che quella telefonata sia stata deliberatamente occultata, anche distruggendo degli appunti che ne certificavano l’esistenza.
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