Il suo nome è il simbolo di chi lotta per la libertà e non può vivere da schiavo. Anche a costo di sopprimere la sua stessa vita. Come estrema forma di protesta contro la dittatura. Così, esattamente 50 anni fa, il 16 gennaio 1969, Jan Palach, studente cecoslovacco di 21 anni, si diede fuoco in piazza San Venceslao a Praga per protestare contro contro la censura del regime socialista e l’occupazione del suo Paese, la Cecoslovacchia, satellite dell’Unione Sovietica comunista, da parte delle forze armate e dei carrarmati mandati da Mosca.
L’OCCUPAZIONE SOVIETICA
Un’occupazione che mise fine a una stagione di riforme in Cecoslovacchia, la cosiddetta “primavera di Praga”, e al “socialismo dal volto umano” di Alexander Dubcek, di cui il giovane Jan Palach era un sostenitore. Lo studente si procurò gravissime ustioni sul corpo e, malgrado ciò, sopravvisse tre giorni, prima di morire il 19 gennaio 1969. Dopo la sua morte, ci furono diverse proteste organizzate dagli studenti contro il partito comunista. “Sono la prima torcia umana”, scrisse Palach in una lettera prima del suo eclatante gesto che scosse l’intera nazione. Si calcola che furono 600 mila i cecoslovacchi che parteciparono, a Praga, al suo funerale il 25 gennaio. Dopo Palach altri 7 giovani si dettero fuoco per seguire il suo esempio e così incitare il popolo cecoslovacco alla protesta illimitata contro l’oppressore sovietico.
JAN E IL “MODELLO” DEI MONACI DEL VIETNAM
A ispirare il martirio degli studenti praghesi furono i monaci buddisti vietnamiti che negli anni ’60 si erano immolati per protesta contro il regime del Vietnam del Sud. Così, appunto, nel tardo pomeriggio del 16 gennaio 1969 Jan Palach si recò in piazza San Venceslao, al centro di Praga, e si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale. Si cosparse il corpo di benzina e si appiccò il fuoco con un accendino. Rimase lucido durante i tre giorni di agonia, secondo quanto riporta l’enciclopedia online Wikipedia. Ai medici disse d’aver preso a modello i monaci buddisti del Vietnam, tra i quali Thích Quảng Đức.
“TORCE UMANE CONTRO L’INVASORE”
In un sacco a tracolla, distante dalle fiamme con le quali si era immolato, Jan Palach aveva lasciato, volutamente, i suoi quaderni. Tra le dichiarazioni trovate, eccone una, drammatica, riportata online da Wikipedia:
“Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zpravy (il giornale delle forze di occupazione sovietiche, ndr.). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà”.
CONCERTO NEGATO A VERONA
A cinque decenni da quei fatti anche in Italia è stato ricordato lo studente di Praga. Ma è diventato un caso politico, a Verona, un concerto dedicato all’eroe cecoslovacco. Tanto che il Teatro Stimate ha ritirato la la concessione degli spazi inizialmente accordati per l’evento: un live programmato per la sera di sabato 19 gennaio, che avrebbe dovuto vedere la partecipazione di gruppi musicali vicini all’estrema destra. È bastato questo, infatti, per scatenare l’indignazione di alcuni senatori della Repubblica Ceca, i quali avevano scritto nei giorni scorsi al presidente della Provincia di Verona, il leghista Manuel Scalzotto, spiegando perché la figura di Palach non può essere fatta propria dall’estrema destra.
“JAN NON C’ENTRA CON LA DESTRA”
E avevano chiesto di ritirare il patrocinio dell’ente pubblico a quell’evento. “Siamo stati informati – scrivono i parlamentari di Praga, secondo quanto riporta il sito dell’Ansa – che gruppi collegati all’estrema destra italiana si esibiranno durante questo concerto. Vogliamo esprimere la nostra preoccupazione che la Provincia di Verona sia uno sponsor. Qualsiasi collegamento fra gruppi di estrema destra e Jan Palach è un oltraggio alla sua memoria e non dovrebbe essere supportato dalle autorità”.
IL TEATRO RITIRA LA DISPONIBILITA’…
La decisione finale del Teatro Stimate, di proprietà della comunità religiosa degli Stimatini, di ritirare la concessione degli spazi, è stata accolta con plauso dal Movimento Nonviolento di Verona. “Jan Palach – ricorda in una nota sul sito Pressenza.com il Movimento Nonviolento – era uno studente ventenne, socialista libertario e antiautoritario, che ha messo in gioco la propria vita per gli ideali di giustizia e libertà. Non c’entra nulla con l’idea di un eroe romantico combattente fascistoide”.
Photo credits: Twitter
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