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Interviste

“La Terra e i cambiamenti climatici? Siamo su un’astronave…”. Intervista ad Andrea Bergamasco

Pubblicato da
Domenico Coviello

L’abbattimento di milioni di alberi per il tornado che ha colpito Veneto e Trentino; bombe d’acqua che determinano sempre più frequenti alluvioni al Sud; trombe d’aria che travolgono le coste italiane. Cosa sta succedendo al clima? E noi cosa possiamo fare? Velvet Mag lo ha chiesto ad Andrea Bergamasco (foto in alto). Oceanografo Fisico, il professor Bergamasco lavora all’Istituto di Scienze Marine (Ismar) del Cnr di Venezia. Partecipa da quasi trent’anni a numerose campagne oceanografiche sia nel Mediterraneo che nell’Oceano Meridionale.

Cosa sono i cambiamenti climatici di cui tanto si parla?

C’è una differenza importante fra tempo meteorologico, in inglese weather – che tempo fa oggi, ad esempio – e clima, climate. Quando parliamo di cambiamenti climatici ci riferiamo al clima sul medio e lungo periodo. Semplificando si tratta di una media delle situazioni meteorologiche che studiamo: quotidiana, mensile, annua. Ma anche calcolata sui secoli passati. E allora parliamo di trend. I cambiamenti climatici sono sempre esistiti. Adesso però le cose stanno in modo un po’ diverso…

Quali sono le caratteristiche odierne di queste mutazioni?

In primo luogo il clima sta mutando in maniera molto più rapida che in passato. In secondo luogo negli ultimi decenni i cambiamenti climatici hanno evidenziato una costante direzione di crescita. Non, cioè, alti e bassi. Pensiamo al mare. Dai primi anni ’80 a oggi la temperatura dell’acqua è salita in media di 1,5 gradi. E da lì non è facile tornare indietro. Non solo. Le escursioni termiche si sono amplificate: esiste cioè una differenza più grande che in passato fra la minima e la massima temperatura.

Un ciclone in formazione nel Mediterraneo fra Grecia e Italia (courtesy Andrea Bergamasco)

Perché è così importante la temperatura del mare? 

La temperatura del nostro Mar Mediterraneo è oggi sui 27 gradi. Intendo la temperatura di superficie delle acque: quella che percepiamo se andiamo in barca, oppure quando facciamo un bagno. Io considero che i 27 gradi siano una soglia critica importante. Che è stata superata. Ma, nell’arco di vent’anni, fra il 1982 e il 2003, soltanto una volta. Negli ultimi 15 anni, invece, è stata superata ben 5 volte: nell’anno 2003, appunto, poi di nuovo nel 2012; e infine nel 2015, nel 2017, nel 2018. E c’è da aspettarsi che ciò accada anche nel 2019. Il mare, dunque, è nettamente più caldo che in passato. Ciò genera una maggiore quantità di energia che passa dalla grande massa d’acqua alla massa d’aria: l’atmosfera, il cielo. E quando capita una tempesta, o un ciclone, questi fenomeni tendono ad alimentarsi a vicenda provocando forte instabilità.

Si potrebbe obiettare che, guardando al trend secolare o dei millenni in cui il clima della Terra è mutato, questi fenomeni possono essersi già verificati

Il punto è un altro. Se il “tempo di ritorno” di un evento atmosferico particolarmente intenso, come un violentissimo e devastante nubifragio, è di, poniamo, cento anni, allora siamo in una categorizzazione accettabile. Ma oggi i cosiddetti eventi estremi stanno diventando sempre più frequenti e probabili anche per il futuro. Le faccio un esempio: oggi accade sempre più spesso, in Italia ma non solo, che, quando c’è un temporale, in un’ora cadano oltre 100 millimetri di pioggia. La definiamo “bomba d’acqua”. A volte ci sono punte di 500 millimetri di pioggia in un’ora. Questo genere di eventi capitano sempre più di frequente.

Quest’anno abbiamo assistito anche a più frequenti trombe d’aria, e persino a uragani generati nel Mediterraneo. O tornado come quello che ha investito e distrutto intere foreste abbattendo milioni di alberi tra Veneto e Trentino. Quali sono le zone dell’Italia più a rischio?

Le zone costiere. A causa di un altro fenomeno: l’innalzamento del livello del mare. Ci sono poi le varie traiettorie che può prendere, ad esempio, un tornado. E dunque può accadere ciò che è avvenuto nelle foreste del Nord Est. Più in generale assistiamo a un fenomeno che può autoalimentarsi.

Milioni gli alberi abbattuti dall’uragano che ha colpito a fine ottobre 2018 Veneto, Trentino e Friuli

Di cosa si tratta esattamente?

La temperatura più elevata del mare e anche dell’aria nell’atmosfera genera più caldo. Che a sua volta provoca maggiore evaporazione delle acque e dunque più nuvole in cielo. Le quali producono più pioggia. A ciò si aggiungono le sempre più ampie differenze nelle escursioni termiche e l’aumento dei venti. Tutte queste componenti combinate insieme sono come un meccanismo circolare all’origine degli eventi estremi: bombe d’acqua, uragani, trombe d’aria.

Questi cambiamenti climatici che ci spaventano e provocano così tanti danni sono colpa dell’uomo o della natura?

Ci sono ormai sufficienti evidenze scientifiche per affermare che l’uomo ha contribuito fortemente, in modo negativo, a questi cambiamenti. Producendo i gas che determinano l’effetto serra e quindi il surriscaldamento terrestre, ad esempio. Ma non è solo colpa dell’uomo. L’anidride carbonica (Co2) prodotta dall’inquinamento umano non è la sola responsabile dei cambiamenti climatici. Lo stesso vapore acqueo naturale può produrre in parte effetto serra. Non solo. All’interno del permafrost al Polo Nord e al Polo Sud esistono gas naturali “congelati” che, se emessi in atmosfera, ad esempio per il fenomeno dello scioglimento dei ghiacci, contribuiscono anch’essi all’effetto serra.

Cosa si può fare per diminuire i livelli di smog, effetto serra, surriscaldamento terrestre e tutto ciò che sta distruggendo l’ambiente?

Indietro non si può tornare. Si può provare a contenere questi fenomeni. Il “sistema” continua ad andare avanti. Come un treno che corre veloce: mentre proviamo a fermarlo quello procede… Possiamo provare a farlo viaggiare più lentamente. E dobbiamo farlo. Per questo sono importanti le conferenze internazionali sull’ambiente e le politiche che ne conseguono. Intanto però dobbiamo prendere coscienza del problema, riconoscerlo.

Gli effetti di una tromba d’aria a Terracina (foto Twitter @AntoDiMario)

Come semplici cittadini quali comportamenti virtuosi possiamo adottare?

Primo: cambiare mentalità e riconoscere il problema. Dobbiamo pensare globalmente. La nostra casa non è quella di quattro mura in cui dormiamo e mangiamo. Tutto il pianeta Terra è casa nostra. Secondo: possiamo certamente usare meno l’auto e di più i mezzi pubblici o non inquinanti come la bicicletta. Ma possiamo per esempio fare più attenzione a quante docce facciamo. Perché anche in quel caso per godere dell’acqua bella calda produciamo energia che deriva dallo sfruttamento di combustibili. Dobbiamo cioè, ragionevolmente, produrre meno energia nelle nostre attività quotidiane

“La Terra è casa nostra” non rischia di essere solo uno slogan?

No. Vede, si parla sempre più spesso, ad esempio, del fenomeno dello scioglimento dei ghiacci ai Poli. Per la mentalità comune si tratta di una questione quasi accademica. In fondo, si pensa, toccherà gli eschimesi o chi abita nei pressi dell’Artide e dell’Antartide. Niente di più sbagliato. Lo scioglimento dei Poli prima o poi avrà conseguenze sulla nostra vita quotidiana. La Terra è come un’astronave. E noi, oltre 6 miliardi di esseri umani, siamo tutti insieme là dentro. Se getto una carta o una busta di plastica a terra non svanisce nel nulla. Prima o poi me la ritrovo…

Lei è ottimista sul futuro del nostro pianeta e quindi di tutti noi?

Siamo ancora lontani dal poterci dire ottimisti. Ma la strada imboccata è quella giusta. Esiste una maggiore sensibilità e attenzione a questi problemi. Dobbiamo pensare globalmente e agire localmente. Questo è il salto di qualità più importante da fare se vogliamo finalmente prenderci cura della nostra casa comune: la Terra.

Surriscaldamento e desertificazione sono in aumento. Ecco uno scenario apocalittico?

Photo credits: Twitter. E per gentile concessione di Andrea Bergamasco

 

 

 

 

Domenico Coviello

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Domenico Coviello

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