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Cronaca

Rigopiano, 25 gli indagati. Ecco chi sono. “Lì l’Hotel non ci doveva stare…”

Pubblicato da
Domenico Coviello

Sono 25 gli indagati – 24 persone e una società – a cui oggi 26 novembre i carabinieri forestali del Comando Provinciale di Pescara, guidati dal tenente colonnello Anna Maria Angelozzi, hanno notificato la chiusura delle indagini per la vicenda di Rigopiano da parte della Procura di Pescara. La notizia è riportata dal sito web dell’Ansa. Nel resort spa di Farindola (Pescara), alle pendici del Gran Sasso in Abruzzo, persero la vita 29 persone a causa di una valanga che travolse l’hotel il 18 gennaio 2017. Furono 11 i sopravvissuti, 9 dei quali estratti vivi da sotto le macerie.

I REATI IPOTIZZATI

Questi i reati ipotizzati dai magistrati: disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d’atti d’ufficio, abuso in atti d’ufficio; si aggiungono vari reati ambientali. Tra gli indagati confermati l’ex prefetto Francesco Provolo, l’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e vari funzionari pubblici. La Procura di Pescara chiederà l’archiviazione per i tre ex presidenti della Regione Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi. Archiviati, tra gli altri, gli assessori succedutisi alla Protezione civile e l’ex direttore generale della Regione Cristina Gerardis.

L’ACCUSA: “PERMESSI EDILIZI MALGRADO PERICOLO VALANGHE”

Il Comune di Farindola non avrebbe dovuto rilasciare i permessi edilizi per l’hotel di Rigopiano, secondo quanto riportato nei capi d’imputazione che riguardano dirigenti e politici del Comune. Il Piano Emergenze del Comune era “totalmente silente in punto di pericolo di valanghe”. Se il Comune avesse adottato un nuovo PRG che avesse individuato nella località di Rigopiano un sito esposto a forte pericolo di valanghe, “non sarebbe stato possibile rilasciare i permessi edilizi con conseguente impossibilità edificatoria”.

IL PIANO DEL 2003

Che l’area dell’hotel fosse determinata dai “conoidi” – cioè gli esiti storici della valanghe -, è citato anche in alcune relazioni agli atti, come quelli della guida alpina Pasquale Iannetti e lo studio acquisito dalla Commissione Valanghe della Regione Abruzzo nel 2003 dove si spiega che il sito è interessato da “una condizione di pericolo forte e che il distacco delle valanghe è probabile già con debole sovraccarico. Sono da aspettarsi valanghe di media entità e anche singole grandi valanghe“.

ARCHIVIO – Hotel Rigopiano, un anno fa la valanga: 23 indagati con gravissime accuse 

Celebrazioni in ricordo delle vittime dell’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara). Un anno fa, il 18 gennaio 2017, il resort veniva spazzato via da una valanga: 29 i morti, 11 i sopravvissuti, 9 dei quali estratti vivi da sotto le macerie. Oggi sono 23 gli indagati nell’inchiesta. Tra le accuse più gravi: omicidio colposo plurimo e lesioni plurime colpose.

Il procuratore della Repubblica di Pescara, Massimiliano Serpi, titolare dell’inchiesta insieme al pm Andrea Papalia, si era prefissato l’obiettivo di chiudere le indagini entro un anno dalla tragedia. Quasi certamente non sarà possibile, ma tutti gli indagati sono stati ascoltati prima di Natale e dunque si slitterà solo di qualche settimana. Pochi giorni fa, riporta il sito web dell’Ansa, è arrivata la notizia di due segnalazioni chieste dai carabinieri Forestali alla Procura per dirigenti pubblici: il responsabile della sala operativa del 118 di Pescara Vincenzino Lupi e della funzionaria della Prefettura Daniela Acquaviva. Agli atti c’è uno stralcio di una telefonata acquisita in quelle concitate ore nella quale la funzionaria dice all’operatore del 112: “Ma l’Hotel Rigopiano è stato fatto stamattina”.

I 4 FILONI DELL’INCHIESTA: I RITARDI

Il primo filone dell’inchiesta della magistratura, sui ritardi nell’attivazione della macchina dei soccorsi, chiama in causa l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, il dirigente dell’area Protezione civile Ida de Cesaris e il capo di gabinetto Leonardo Bianco. Secondo l’accusa, soltanto a partire dalle ore 10 del 18 gennaio venne effettivamente attivato il Centro coordinamento soccorsi, nonostante i pericoli e le intemperie. Versione contestata dalla difesa dell’ex prefetto secondo la quale l’attivazione avvenne già il 16 gennaio.

L’EMERGENZA

Il secondo filone, sulla gestione dell’emergenza, vede indagati Antonio Di Marco, presidente della Provincia di Pescara; Paolo D’Incecco, ex dirigente del settore Viabilità e referente di Protezione civile; Mauro Di Blasio, responsabile degli stessi servizi; Giulio Honorati, comandante della Polizia provinciale di Pescara; Tino Chiappino, tecnico reperibile secondo il Piano di reperibilità provinciale. Le contestazioni sono: la mancata attivazione della sala operativa di Protezione civile, la non effettuazione della ricognizione dei mezzi spazzaneve e la mancata chiusura al traffico del tratto di strada provinciale che conduce a Rigopiano.

I PERMESSI PER COSTRUIRE L’HOTEL

Il terzo filone riguarda la realizzazione del resort e vede coinvolti il sindaco di Farindola,Ilario Lacchetta, gli ex sindaci Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico, e i tecnici Luciano Sbaraglia ed Enrico Colangeli, in relazione alla mancata adozione del nuovo piano regolatore generale del Comune che, se fosse stato approvato – è la tesi dell’accusa – avrebbe impedito l’edificazione del nuovo hotel Rigopiano e quindi il verificarsi della tragedia. In riferimento al permesso rilasciato nel 2006, per la ristrutturazione del complesso alberghiero, quando l’area era soggetta a vincolo idrogeologico, sono invece indagati Marco Paolo Del Rosso, l’imprenditore che chiese l’autorizzazione, Antonio Sorgi, dirigente della Regione Abruzzo e il tecnico comunale Enrico Colangeli. Secondo la Procura i tre, in assenza di autorizzazione, permisero l’edificazione del nuovo resort con annesso centro benessere, eludendo il pericolo di valanghe e tenendo aperta la struttura, anche alle autovetture e anche in pieno inverno, prescindendo dall’intensità delle nevicate.

LA CARTA VALANGHE

L’ultimo filone riguarda la mancata realizzazione della Carta per il pericolo delle valanghe e vede indagati i dirigenti della Regione Abruzzo Pierluigi CaputiCarlo GiovaniVittorio Di BiaseEmidio Primavera e Sabatino Belmaggio. Su tutto la relazione dei periti della Procura secondo i quali per salvare le vite umane era necessario evacuare l’hotel due giorni prima della tragedia.

Domenico Coviello

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Domenico Coviello

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