Una sfida che si è rivelata tragica, un “gioco” pericoloso diventato letale. Sui binari della stazione di Parabiago, nel territorio di Legnano (Milano). Sarebbe questa, riporta il sito del Secolo XIX, la ragione per cui è morto a soli 15 anni un ragazzo italo-marocchino. Disteso sulla ferrovia finché un treno, partito dalla Centrale di Milano e diretto a Domodossola, lo ha travolto. L’impatto è stato fatale per Abdul El Sahid, di San Giorgio su Legnano. L’amico di 13 anni che era con lui è finito in ospedale sotto shock. La tragedia è accaduta martedì 20 novembre, nel tardo pomeriggio.
È successo poco dopo le 19. Quando la madre del ragazzino è arrivata sul posto si è sentita male. Con lei gli agenti della Polfer e i carabinieri della compagnia di Legnano, che stanno indagando per ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente. Ma, sul fatto che si sia trattato di una bravata tra adolescenti ci sono pochi dubbi. La conferma sarebbe arrivata dalle testimonianze raccolte tra i presenti.
Sarà tuttavia necessario visionare le immagini raccolte dalle telecamere di videosorveglianza della stazione ferroviaria per averne la certezza. Un’inchiesta sull’incidente è stata aperta dalla procura di Busto Arsizio, in provincia di Varese, e gli inquirenti hanno già sentito il macchinista del convoglio. In queste ore saranno ascoltati gli amici della vittima per capire se davvero dietro l’impatto ci sia stata una tragica sfida tra adolescenti.
ARCHIVIO – Ragazzo morto per un selfie, il padre accusa: “Nessuna grata su quel condotto…e la sicurezza dov’era?”
Parla il papà di Andrea Barone, il ragazzo di 15 anni morto per la sfida di un selfie in cima al centro commerciale Sarca di Sesto San Giovanni (Milano) nella serata di sabato 15 settembre. In un’intervista al quotidiano La Stampa, oggi 17 settembre, l’uomo ha dichiarato: “Mio figlio non ha scavalcato muri o cancellate, nessuno della sicurezza gli ha impedito di salire sul tetto e non c’erano grate a coprire il condotto in cui è caduto“.
“È caduto per decine di metri, senza nemmeno che ci fossero grate intermedie“. “Aveva tanta voglia di vivere – racconta ancora il padre di Andrea -. Giocava come centrocampista nel Bresso, era il capitano della squadra. Andava a scuola alla Montale, istituto tecnico, faceva il secondo anno. Aveva tanti amici, la fidanzatina… Gli piaceva giocare a pallone, era un ragazzino come tanti”.
E di nuovo afferma: “Sono andato a vedere. Mio figlio non ha forzato porte per salire su quel tetto. Ha preso l’ascensore o la scala mobile fino all’ultimo piano dove c’è un parcheggio. È passato attraverso una porta aperta, ha salito tre gradini di metallo e poi altri tre fino al terrazzo. Non c’era nessuno della sicurezza che glielo impedisse. Se ci fossero state le grate intermedie di protezione, mio figlio non si sarebbe sfracellato“. “Non è vero che mio figlio facesse quei giochi lì“, sottolinea l’uomo commentando una fotografia, pubblicata dal figlio sui social media con la didascalia “La morte non mi fa paura, la guardo in faccia”, in cui il ragazzo si trova vicino al cornicione di un palazzo.
“Quella è una foto di un paio di anni fa. L’ha scattata assieme a un amico sul terrazzo del centro commerciale U2 di Cusano Milanino, dove abitiamo. Era il luogo dove si trovava con la sua compagnia. Se uno andasse dall’altra parte vedrebbe che un paio di metri sotto c’è un grande balcone”. E sulla scoperta della tragedia da parte della sorellina più piccola, rivela: “L’ha appreso da Instagram quando sono iniziati ad arrivare a valanga i messaggi degli amici che dicevano che Andrea era morto. Non ho fatto in tempo a dirglielo”.
Photo credits: Twitter
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