Il suo aplomb è proverbiale. Nella rissosa e confusa Italia di oggi le sue argomentazioni pignole ma in punta di fioretto, nel corso dei dibattiti televisivi, appaiono a volte quelle di un uomo politico d’altri tempi. Teso più a persuadere, e semmai a ribattere con eleganza nel rispetto dell’avversario, che a forzare i toni per imporre idee, o a giustificare aprioristicamente posizioni del Movimento col quale è stato eletto alla Camera dei Deputati.
È così che Emilio Carelli – deputato dei Cinque Stelle, fondatore ed ex direttore di SkyTg24 e giornalista di lungo corso -, si è inserito anche in questo rovente scontro frontale fra i capi del M5S e i giornalisti italiani suoi colleghi, scesi addirittura nelle piazze per protestare (cosa che non accade spesso). Non sarà certo il Movimento a mettere il bavaglio alla stampa, ha spiegato Carelli al Corriere della Sera e lui, con gli altri giornalisti ora parte attiva del Movimento, non ha motivo di dimettersi, come è stato chiesto da qualcuno anche dentro il M5S. Al tempo stesso, però, Carelli non ha apprezzato né gli insulti di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista ai cronisti subito dopo l’assoluzione in primo grado della sindaca di Roma, Virginia Raggi (“infimi sciacalli”, “puttane”, “pennivendoli”), né il cosiddetto elenco apparso sui social (di Di Battista) in cui vengono fatti nomi e cognomi dei presunti pochi “giornalisti liberi”.
No. Non sarebbe, e non è, nello stile dell’ex direttore di SkyTg24, l’uomo del dialogo. È questa, infatti, la parola chiave che dà la cifra del Carelli politico. Un uomo che cerca di tessere più che di spezzare. Di costruire più che di scompaginare. Occorre “rilanciare uno spirito di dialogo tra le forze politiche e fra gli italiani” aveva dichiarato a chi scrive in un’intervista a VelvetMag, alla vigilia delle elezioni del 4 marzo scorso. E adesso, coerente con la sua visione delle cose, precisa al Corriere della Sera che “quando si è al governo i toni vanno abbassati“.
Un messaggio piuttosto chiaro (e in linea con le richieste ai suoi del premier Giuseppe Conte) indirizzato a Luigi Di Maio. “Ho incontrato Luigi – spiega Carelli a Monica Guerzoni del Corriere – e gli ho detto come la pensavo. Ho con lui un rapporto di amicizia e stima, che non ho perso dopo le sue dichiarazioni. Capisco anche il momento emotivo. Un politico non dovrebbe, ma siamo tutti uomini”. I termini usati per insultare un’intera categoria sono stati pesanti, tuttavia. “Sono termini che non fanno parte del mio linguaggio – dice ancora Carelli -. Da una parte abbiamo un movimento con i suoi capi, Di Maio e Di Battista, che sono stati oggetto di attacchi, dall’altra parte abbiamo una reazione violenta anche da parte della stampa. Ecco, mi piacerebbe che non fosse successa nessuna delle due cose. Io sono a favore del dialogo e quindi trovo fuori luogo tutta questa polemica, che fa apparire il M5S contro la libertà di stampa. Invece non c’è alcuna intenzione di attaccarla”. E la lista dei ‘cronisti buoni’ fatta da Di Battista? “Lo dico con la frase del Papa, non mi permetterei mai. Chi sono io per fare una lista dei buoni e dei cattivi?“.
Photo credits: Twitter / Facebook
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