Un messagio chiaro a Matteo Salvini e alla Lega. “Abbiamo firmato un contratto di governo che va rispettato da entrambi i contraenti“, dice il vicepremier Luigi Di Maio, intervistato dal Corriere della Sera. E al sottosegretario Giancarlo Giorgetti replica: “Il reddito di cittadinanza sarà operativo nei primi tre mesi del 2019. Se vedo un problema non è nelle risorse o nelle norme, ma quando qualcuno non crede in quello che stiamo facendo. Se qualche membro del governo non crede in quello che stiamo facendo, allora è un rischio per i cittadini prima di tutto”.
All’ombra del reddito di cittadinanza, riesplode lo scontro nel governo. Vengono allo scoperto le tensioni sulla manovra, per la necessità di ridurre il deficit e il conseguente rischio di non poter mantenere – non tutte, non subito – le promesse elettorali. Giancarlo Giorgetti esplicita i dubbi della Lega sul cavallo di battaglia pentastellato. Ma Luigi Di Maio – che nella serata di ieri 2 novembre ha affidato a Riccardo Fraccaro un duro attacco a Giorgetti – assicura che la misura arriverà insieme alla riforma delle pensioni via decreto, dopo il varo della manovra, “a Natale” o giù di lì.
Il premier Giuseppe Conte rassicura che i soldi ci sono per far tutto ma la situazione è esplosiva e solo un chiarimento serale con Giorgetti sembra, per ora, calmare le acque sedando “inutili e pretestuose” polemiche. Il governo ha poco più di una settimana per rispondere ai rilievi di Bruxelles e provare a evitare la probabile procedura d’infrazione sulla manovra. Ma il lavoro di diplomazia di Conte (il premier vedrà Jean Claude Juncker e potrebbe personalmente consegnargli la lettera) e di Giovanni Tria è reso più impervio dai toni da battaglia dei suoi vicepremier. L’idea è sostenere che il deficit al 2,4% è calcolato su una crescita tendenziale (lo 0,9%) più bassa di quella che il governo si attende (l’1,5%). E spiegare che l’impatto delle misure sui conti nel 2019 sarà ridotto anche dal fatto che non partiranno subito. Ma qui iniziano le difficoltà.
Perché sia Di Maio che Salvini non vogliono sentire ragioni: il reddito di cittadinanza deve partire a marzo, insiste il M5s. E Salvini convoca una piazza anti-Juncker che costringe Conte a precisare che sarà lui “a interloquire con Bruxelles” e scegliere i toni del dialogo. È soprattutto tra gli esponenti di governo pentastellati che gli animi sono agitati: “Se non si placano – dice una fonte leghista – rischiamo di non reggere fino alle elezioni europee“. Sul M5s c’è la pressione della base per le notizie sul rischio che il reddito slitti e dei parlamentari nel leggere che la Lega vola nei sondaggi. E così Di Maio nella tarda mattinata del 2 novembre si è collegato a Facebook per dire che il Movimento è “sotto attacco” ma “manterrà le sue promesse”. Per reddito e pensioni di cittadinanza “in manovra ci sono i soldi, la ciccia, e in un decreto a Natale o subito dopo si metteranno le misure”, spiega.Adesso si tratta di capire se, e in che modo, le forze che sostengono la maggioranza di governo saranno in grado di fare quegli utili compromessi per arrivare almeno alle Europee del maggio 2019.
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