Arta Kakabuni, detta Anila, considerata un pericolo per la sicurezza dello Stato è stata accompagnata su un aereo per l’Albania ed espulsa con un decreto firmato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Era appena uscita dal carcere, ieri 17 ottobre. La notizia è riportata dal quotidiano Il Tirreno. Il suo compito, secondo le accuse, era quello di reclutare donne per affiliarle all’Isis: prima le invitava ad abbracciare l’ideologia del Califfato, poi le portava su posizioni sempre più radicali; infine le convinceva a partire per la Siria o l’Iraq e ad unirsi al jihad – la “guerra santa” – che i loro uomini già stavano combattendo contro gli infedeli. La donna, albanese di 44 anni, era in Italia dal 2003 e viveva a Grosseto, in Toscana, con il fratello. Secondo l’Antiterrorismo il suo compito sarebbe stato quello di reclutare adepti per l’Isis, cosa che avrebbe fatto anche con Maria Giulia Sergio, la prima foreign fighter italiana che ha preso il nome di battaglia di Fatima e che dal settembre del 2014 è in Siria dove assieme al marito Aldo Kobuzi si è unita all’Isis.
In Iraq, come in Siria, la guerra contro lo Stato islamico continua. Secondo quanto riportato dal sito Analisidifesa.it, in base a un dispaccio della agenzia di stampa Agi, agenti della sicurezza irachena, in coordinamento con le forze antiterrorismo curde nell’ambito della coalizione a guida statunitense, hanno arrestato dieci membri della rete “Al Rawi”, nel corso di diverse operazioni condotte tra il 7 e il 10 ottobre fra la capitale Baghdad e la città di Erbil. Lo ha annunciato il 12 ottobre la stessa Coalizione in una nota stampa precisando che la rete era uno dei principali network finanziari dello Stato islamico. “Si tratta di un duro colpo alle aspirazioni di rinascita dell’Isis in Iraq”, ha commentato il tenente generale Paul LaCamera, dal settembre scorso alla testa dell’Operazione Inhgerent Resolve.
“Chiunque fornisca supporto all’Isis, in ogni caso, ne subirà le conseguenze”, ha aggiunto il generale dell’Us Army. La rete Al Rawi prende il nome dal suo capo, Fawaz Muhammad Jubair al-Rawi, anche conosciuto come “l’emiro delle finanze dell’Isis“, ucciso nel giugno 2017 da un raid aereo ad Abu Kamal, nella Siria orientale, quando già da un anno era iniziata la caccia alla sua rete di finanziamento sulla quale il dipartimento del Tesoro americano aveva imposto sanzioni. Al Rawi aveva giurato fedeltà al califfo Abu Bakr Al Baghdadi nel 2014, e nella sua casa di Abu Kamal avrebbe ospitato una lunga serie di incontri tra comandanti del gruppo jihadista tra il 2014 e il 2015, cioè durante il consolidamento della presenza dell’Isis in Iraq e in Siria. Con la sconfitta militare dell’Isis in Iraq, il gruppo jihadista sembra aver cambiato nuovamente pelle, rinunciando all’amministrazione dei territori per tornare ad agire come un network terroristico classico, soprattutto attraverso cellule dormienti. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, l’Isis ha ancora 30.000 membri attivi tra Siria e Iraq.
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