Vajont, 55 anni fa la tragedia: cosa è stata, perché è importante ricordarla

Pochi istanti di devastazione assoluta, 55 anni fa in Friuli. Che devono essere ricordati poiché dovuti a colpe umane e non alla natura. Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963, quando dalle pendici settentrionali del monte Toc si staccò una frana che crollò sul sottostante bacino artificiale del fiume Vajont retto da una diga, provocando tre enormi onde che portarono con sé oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e detriti. Acqua, fango, rocce e detriti e acqua travolsero tutto a valle: i paesi di Erto e Casso e poi Longarone, radendolo al suolo, così come le frazioni di Pirago, Rivalta, Villanova e, parzialmente, Faé. Oltre 1.900 i morti, di cui 1450 residenti nel comune di Longarone e 487 bambini. Ma si tratta di una stima, perché molti corpi non sono mai stati ritrovati.

ISTITUZIONI ASSENTI

Quest’anno ricorrono i 55 anni da quella tragica notte e ancora una volta spicca l’assenza delle più importanti cariche istituzionali, sottolinea Marta Rizzi sul sito ilFriuli.it. Nessuna infatti ha annunciato la sua presenza alle celebrazioni del 9 ottobre. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ci sarà (l’ultimo capo dello Stato che si è recato in visita è stato, 15 anni fa, Carlo Azeglio Ciampi) e nemmeno il premier Giuseppe Conte. Finora il disastro del 9 ottobre 1963 non è mai stato commemorato formalmente da un rappresentante istituzionale dell’Unione Europea, pur essendo stato dichiarato monito europeo contro lo sfruttamento della natura. L’assenza che però peserà di più per tanti friulani sarà quella di don Gastone Liut che per ragioni di salute non potrà officiare la messa. Come sottolinea Marta Rizzi sul sito ilFriuli.it, don Liut ha celebrato tutte le commemorazioni nel corso di cinque decenni. All’epoca dei fatti del 9 ottobre di 55 anni fa, era appena stato ordinato sacerdote e associato alla parrocchia di Erto.

PROCESSI E CONDANNE

Il processo penale ebbe luogo, in fasi successive, a partire dal 1968 davanti al Tribunale de L’Aquila e si concluse il 25 marzo 1971, quindici giorni prima che maturasse la prescrizione, in Cassazione. La Cassazione accolse le tesi dell’accusa, dichiarando la prevedibilità dell’evento, per cui frana e inondazione costituivano un disastro colposo. Lunghissimo e travagliato l’iter del processo civile, giunto alla sentenza di primo grado del Tribunale di Belluno solo nel febbraio del 1997. La Corte d’Appello di Venezia confermò poi la sentenza di primo grado condannando la Montedison a risarcire il Comune di Longarone per i danni materiali e morali patiti dalla comunità.

IL MESSAGGIO DI MATTARELLA

“A 55 anni dal disastro del Vajont l’Italia non dimentica le vite spezzate, l’immane dolore dei parenti e dei sopravvissuti, la sconvolgente devastazione del territorio, i tormenti delle comunità colpite – ha scritto il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, in un messaggio -. Neppure può dimenticare che così tante morti e distruzioni potevano e dovevano essere evitate. In questo giorno di memoria il primo pensiero va alle vittime, ai loro corpi straziati, molti dei quali mai ritrovati”.

IL MESSAGGIO DI ZAIA

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha dichiarato: “Ci sono tragedie che non possono essere mai archiviate e una di queste è il Vajont: abbiamo il dovere di piangere le vittime ma soprattutto di tenere bene a mente le responsabilità“. “Non fu una calamità” ma “una tragedia annunciata, temuta e negata fino all’ultimo anche da chi doveva controllare”. Un “disastro ambientale e umano, che poteva essere evitato”.

Photo credits: Twitter

 

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