“Nei media c’è un conflitto di interesse pazzesco”. Il vicepremier Luigi Di Maio torna ad attaccare il mondo del giornalismo, dopo che sabato 6 ottobre ha evocato la chiusura di Repubblica e l’Espresso responsabili, a suo dire, di diffondere fake news. Parole che hanno scatenato molte reazioni. “È emergenza libertà di stampa”, ha detto Carlo Verna, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti (Odg). “Dopo le parole di ieri del ministro, il tema e le relative iniziative da prendere saranno inserite all’ordine del giorno della consulta dei presidenti e dei vicepresidenti regionali, già in programma sulla questione della riforma dell’accesso alla professione dopodomani”, ha detto Verna. Intanto, interviene sul tema anche il sottosegretario con delega all’Editoria, Vito Crimi, che intavola un altro argomento, quello dell’abolizione dell’Ordine dei giornalisti: servirà per “liberare la professione” e anche per abolire i contratti Co.co.co, dice.
Di Maio si è difeso dalle critiche sottolineando anche che “da una parte c’è Berlusconi, dall’altra De Benedetti. Io non ho neanche il potere di negare il diritto di critica: quindi adesso non si mettano a fare le vittime alcuni giornali dopo che mi hanno riempito e impallinato con fake news per sei anni. Abbiano almeno la decenza di sapere che il Ministro dello Sviluppo economico non ha nessun potere per chiudere un giornale e meno male”. Il primo attacco del vicepremier Di Maio era arrivato tramite una diretta Facebook. “Per fortuna ci siamo vaccinati anni fa dalle bufale, dalle fake news dei giornali e si stanno vaccinando anche tanti altri cittadini tanto è vero che stanno morendo parecchi giornali tra cui quelli del gruppo l’Espresso (da due anni sostituito con il gruppo Gedi, ndr) che, mi dispiace per i lavoratori, stanno addirittura avviando dei processi di esuberi al loro interno perché nessuno li legge più perché ogni giorno passano il tempo ad alterare la realtà”, ha detto Di Maio.
“Totale solidarietà ai colleghi del gruppo Gedi chiamati in causa“, è stata espressa da Verna dopo il primo attacco, oltre alla vicinanza dell’Ordine, “che non si farà tacitare dalle minacce abolizioniste”. “Anzi – ha aggiunto Verna – saremo in campo con maggior forza e schiena dritta. Nessuno s’illuda di poter cancellare con qualunque provvedimento di legge il giornalismo”. Ma le parole di Di Maio hanno sollevato proteste in tutto il mondo dell’informazione. Solidarietà alle testate attaccate è arrivata anche dalla Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi): “Auspicare la morte dei giornali non è degno di chi guida un Paese di solide tradizioni democratiche come è l’Italia, ma è tipico delle dittature”, hanno affermato in una nota Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi. Il vicepremier, “come del resto buona parte del governo, sogna di cancellare ogni forma di pensiero critico e di dissenso e si illude di poter imporre una narrazione dell’Italia lontana dalla realtà”, hanno aggiunto
Dopo l’accaduto, il Comitato di redazione (CdR) di Repubblica ha invitato Di Maio a mettersi “l’anima in pace”, perché “Repubblica, L’Espresso e le altre testate del gruppo Gedi non moriranno e continueranno a fare quello per cui, Costituzione alla mano, sono in testa alle classifiche della diffusione digitale e cartacea nel nostro Paese: raccontare la verità, soprattutto quando è scomoda per il potente di turno”. Il CdR della Stampa ha inoltre definito “vergognoso che un ministro della Repubblica, per paradosso ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, preveda la morte di una impresa del nostro Paese dando l’impressione addirittura di compiacersene”.
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