L’ex caporal maggiore Alessandro Panella continua a dichiararsi estraneo alla morte di Emanuele Scieri, il giovane parà deceduto nella caserma Gamerra di Pisa nel 1993. Il commilitone romano è accusato di omicidio volontario assieme ad altri due ex compagni d’armi, Luigi Zabara e Andrea Antico.
Uno scenario raccapricciante è emerso dalle indagini della Commissione di Inchiesta sulla tragica morte del parà Emanuele Scieri, il giovane siciliano di 26 anni laureato in Giurisprudenza e deceduto in circostanze misteriose il 13 agosto del 1999. Il ragazzo era arrivato nella caserma Gamerra di Pisa, insieme alle altre giovani leve, da poche ore ed era già stato vittima di diversi episodi di nonnismo. Nei mesi scorsi la svolta: sono stati indagati con l’accusa di concorso in omicidio volontario l’ex caporal maggiore Alessandro Panella e gli ex commilitoni Luigi Zabara e Andrea Antico. Per il primo sono però scattati gli arresti domiciliari, in quanto, secondo chi indaga, vi era la possibilità concreta di fuga.
Davanti ai giudici del Tribunale del Riesame di Firenze Alessandro Panella ha ripetuto di essere estraneo ai fatti: “Con la morte di Emanuele Scieri io non c’entro nulla“. L’uomo, difeso da Tiziana Mannocci e Marco Meoli, ha scelto la formula delle dichiarazioni spontanee, consegnate per iscritto ai magistrati del Tribunale del Riesame. I suoi avvocati hanno chiesto la revoca della misura cautelare o, in subordine, l’attenuazione della misura afflittiva. Il pubblico ministero ha invece chiesto la conferma della misura cautelare ai domiciliari. Il Tribunale del Riesame di Firenze renderà nota la propria decisione nei prossimi giorni.
I difensori di Panella contestano la ricostruzione della Procura, sostenendo l’insufficienza dei gravi indizi di colpevolezza relativi alle relazioni dei consulenti che convergono su “un’ipotesi di omicidio volontario, in realtà tutta da dimostrare, ma anche di inquinamento probatorio e pericolo di fuga” di Panella. Quest’ultimo, sostengono gli avvocati, ha anche la cittadinanza americana e quindi “stava organizzando il suo viaggio di ritorno in California dove vive stabilmente da 10 anni“. Infine, Tiziana Mannocci e Marco Meoli hanno sottolineato che “il deposito delle intercettazioni è avvenuto successivamente all’esecuzione della misura e non prima, come avrebbe dovuto essere fatto, e che nell’applicazione della misura cautelare non è indicato alcun termine di durata per l’eventuale inquinamento probatorio”.
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