È arrivato a processo il muratore disoccupato beccato dai carabinieri il 9 novembre del 2014 mentre cercava di entrare nella villa di via padre Genocchi, di proprietà del padre di Matteo Cagnoni, dove venne ammazzata nel 2016 la moglie del dermatologo, Giulia Ballestri.
Matteo Cagnoni è tornato in Tribunale, ma questa volta non è lui ad essere al banco degli imputati. Il noto dermatologo dei vip, accusato e condannato lo scorso 22 giugno all’ergastolo per aver ucciso la moglie Giulia Ballestri, è stato chiamato a testimoniare in merito ad un tentato furto nella villa del padre, quella dove, nel 2016, venne trovato il corpo straziato della consorte. Facciamo quindi un passo indietro e, come riporta Andrea Colombari per Il Resto del Carlino, torniamo al 9 novembre del 2014, precisamente alle 23.50, sempre alla villetta di via padre Genocchi a Ravenna.
Quella sera il muratore albanese disoccupato, di 43 anni, è stato pizzicato dai carabinieri mentre cercava di entrare nell’abitazione intestata al padre di Matteo Cagnoni. L’uomo, difeso dall’avvocato Nicola Casadio, è stato citato a giudizio per tentato furto aggravato e il processo, svoltosi a inizio settimana, si è tenuto davanti al giudice monocratico Federica Lipovscek. Tra i testimoni spunta proprio Matteo Cagnoni, il quale, all’epoca dei fatti, presentò denuncia ai carabinieri della caserma con tanto di delega del padre, proprietario dell’immobile. Ironia della sorte, come riporta Andrea Colombari per Il Resto del Carlino, il pm titolare del fascicolo è lo stesso che ha chiesto l’ergastolo di Cagnoni: Cristina D’Aniello. Proprio la vicenda del 2014 aveva spinto la difesa del dermatologo nel processo per l’omicidio di Giulia Ballestri ad avanzare l’ipotesi che ad ucciderla sarebbe stato un ladro, magari straniero. Tesi alla quale la Corte d’Assise non ha dato rilevanza, considerando le prove contro il dermatologo schiaccianti.
Il 43enne aveva cercato invano di forzare con una chiave inglese la porta d’ingresso al piano terra, ma non riuscendoci aveva optato per l’uso di una scala. Mediante quest’ultima era riuscito a raggiungere un terrazzino del primo piano dove aveva forzato uno degli infissi facendo scattare l’allarme. Ad arrivare per primi furono i vigilanti privati e poi i carabinieri. L’uomo rimase intrappolato sul terrazzo in quanto gli fu tolta la scala. La difesa dell’uomo tenterà di dimostrare che in realtà non era lì per rubare ma per cercare un luogo dove passare la notte.
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