Da Sud a Nord, da Potenza a Macerata e a Savona in meno di una settimana. È un tour de force quello che attende nei prossimi giorni Alberto Infèlise, giornalista, caporedattore della Stampa di Torino e autore del bestseller “Fabrizio Frizzi Meraviglioso” (Sperling&Kupfer), da tre settimane in classifica fra i libri più venduti in Italia. Un ritratto appassionato, costruito sulle testimonianze di amici, colleghi e collaboratori che fanno memoria del celebre conduttore televisivo romano, la cui prematura scomparsa, lo scorso 26 marzo, ha sconvolto milioni di italiani.
Infèlise ci restituisce un volto del Frizzi pubblico e privato non privo di aspetti inediti alla maggior parte dei telespettatori. Ne parliamo con l’autore.
Perché intitolare “Meraviglioso” un libro dedicato a Fabrizio Frizzi, non si rischia di scivolare in un’involontaria retorica?
No, per un motivo molto semplice: “meraviglioso” era un termine molto spesso adoperato da Fabrizio in televisione, ecco perché è stato scelto, e rispecchia bene il suo essere, la sua personalità, il suo modo di approcciare la vita.
Quest’opera ha anche una componente importante in termini di fondi devoluti alla ricerca scientifica
Una percentuale dell’incasso su ciascuna copia è devoluta all’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro). Un motivo in più, per me, per girare l’Italia a presentare il libro.
Lei ha conosciuto personalmente Fabrizio Frizzi, che ricordo ne ha?
Lo conobbi una ventina d’anni fa quando lavoravo al Messaggero. Era un ragazzo molto divertente. Ancora più divertente fuori dalla televisione. Era un po’ quel che si dice “il re della festa”: amava molto organizzare cene con gli amici, con cui spesso faceva vacanze insieme. Fabrizio era un uomo che viveva sempre in mezzo agli altri.
Il lutto dovuto alla sua morte ha letteralmente sconvolto moltissime persone. Perché?
Alle presentazioni del mio libro mi capita non di rado di incontrare persone che mi abbracciano. Lo fanno per parteciparmi il loro lutto per la perdita di Fabrizio Frizzi. Era letteralmente percepito come “uno di casa”, sempre presente dal piccolo schermo negli orari serali, in cui le famiglie si riuniscono. Anche il lutto, perciò, per tanti non poteva che essere sentito e autentico.
Quale era la cifra del suo fare televisione?
Corrado, Enzo Tortora per alcuni aspetti, Alberto Sordi di cui era un cultore. Questi erano i suoi modelli. Lui si considerava l’ultimo di quella grande generazione. La sua era la televisione del classico varietà italiano. Qualcosa di diverso dalla tv che oggi va per la maggiore. Per esempio lui non poteva essere uno da Grande Fratello. Aveva poi dei ritmi e delle caratteristiche particolari. Passava ore negli studi televisivi, conosceva personalmente uno per uno gli ospiti delle sue trasmissioni. Per tutte queste ragioni è oggettivamente difficile dire chi possa essere oggi il suo erede.
Fra le tante testimonianze raccolte su Frizzi quale l’ha colpita di più?
Quella di Valeria Favorito, la bambina veronese malata di leucemia che fu salvata nel 2000 dal trapianto di midollo osseo effettuato in suo favore da Frizzi. La storia della vicenda è impressionate. Quando Fabrizio fu individuato come donatore compatibile, stava girando una fiction e non poteva lasciare il set per lungo tempo all’improvviso. I protocolli sanitari avevano metodiche e tempistiche ovviamente rigide a tutela del paziente e del donatore. Ma i dottori di Verona decisero di tentare il tutto per tutto e si appellarono a Frizzi che non esitò a sottoporsi a tempo di record all’espianto. Correndo dei rischi di cui era consapevole e che temeva. Lasciò il set per 48 ore e poi tornò, senza eroismi, a recitare come se niente fosse. Quando quattro anni dopo, durante la diretta di una Partita del Cuore, vide una ragazzina corrergli incontro capì che era quella bambina. Fu un incontro profondamente commovente per tutti e due, dal quale è nata un’amicizia autentica.
È stato testimonial per diverse “buone cause” nel corso della sua carriera…
Sì, lo è stato per esempio anche dell’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes, ndr.). È andato almeno 15 volte a Lourdes con i malati. E poi raccontava di aver ricevuto qualcosa, di sentirsi trasformato dall’incontro con chi soffriva. Anche questo serve a capire meglio Fabrizio Frizzi e una sua caratteristica unica: la sua immagine pubblica sarà sempre molto amata perché non aveva maschere, sullo schermo portava se stesso in maniera autentica.
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