Nuovo colpo di scena nel processo Cucchi-bis: sono emersi altri verbali falsificati e nuove incongruenze legate alla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano deceduto il 22 ottobre del 2009 durante la custodia cautelare dopo essere stato arrestato per droga. Cinque i Carabinieri imputati e accusati a vario titolo di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia.
Un nuovo e inedito pezzo del puzzle va ad aggiungersi alla storia riguardante la morte di Stefano Cucchi, il geometra romano deceduto il 22 ottobre del 2009 durante la custodia cautelare dopo essere stato arrestato per droga. È stato ascoltato in aula ieri, 31 maggio, Gabriele Aristodemo, il carabiniere in servizio all’epoca dei fatti alla stazione Appia. Il testimone era presente al momento dell’arresto del Cucchi, insieme al carabiniere Francesco Tedesco, imputato con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Oggetto di dibattito in Tribunale è stato il verbale della perquisizione domiciliare, effettuata a casa dei genitori di Stefano Cucchi, subito dopo l’arresto del geometra. Nella copia acquisita nel 2009 non vi è la firma del giovane ma sullo stesso documento, acquisito agli atti dalla magistratura, risulta esserci una dicitura non presente nella precedente: “si rifiuta” (riferito all’arrestato Cucchi). Non è la sola anomalia. Sullo stesso verbale di arresto manca la firma del geometra. In aula Aristodemo ha cercato di spiegare ai giudici tali “incongruenze” affermando: “È normale perché è un atto nostro”. Lo stesso testimone però nel luglio del 2015, durante in processo, in aula disse che il Stefano Cucchi si rifiutò di firmarlo. Incalzato dal pm Giovanni Musarò il teste ha dichiarato di essersi confuso sostenendo per veritiera soltanto la versione fornita ieri, 31 maggio, in aula.
Incongruenze che fanno riflette. In Tribunale è inoltre emerso che i militari erano molto preoccupati tanto da cercare di accordarsi su una versione univoca da fornire agli inquirenti, ma per fare ciò avevano paura però di essere intercettati. A dare adito a quest’ansia di accordarsi vi è una telefonata intercettata nel 2015 in cui uno degli imputati, il militare Raffaele D’Alessandro, al telefono con Aristodemo dice di essersi ricordato che il giovane Cucchi durante la perquisizione in casa si era agitato a tal punto da dare delle testate al muro e che per calmarlo dovettero ammanettarlo. Versione completamente smentita ieri in aula dal teste. Il quale ha dichiarato che durante la perquisizione nell’abitazione Stefano Cucchi era calmo. Inoltre Aristodemo ha cambiato versione in merito alla condizione fisica di Stefano Cucchi. Come riporta Il Messaggero, il teste interrogato nel luglio 2015 rivelò che Cucchi, quando lo portarono in caserma, non presentava segni sul corpo, mentre in aula ieri, 31 maggio, ha sostenuto che era rosso sotto agli occhi.
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