Cresce la tensione per il futuro processo in Cassazione per l’omicidio di Elena Ceste. Quarto Grado torna sul caso mostrando un colloquio avvenuto in carcere tra il marito della vittima, Michele Buoninconti, e due suoi familiari, il fratello e la cognata. Duro lo sfogo dell’uomo che attacca anche i proprio legali.
Si riaccendono i riflettori sul delitto di Elena Ceste, la 37enne scomparsa il 24 gennaio del 2014 da Costigliole d’Asti. Dopo lunghe indagini e a seguito del ritrovamento del corpo della donna, nell’ottobre del 2014, è stato arrestato il marito, Michele Buoninconti, con l’accusa di omicidio volontario. Il vigile del fuoco si è sempre professato innocente, attribuendo la causa del decesso della moglie all’instabilità psicologica dalla quale era affetta, che l’avrebbe spinta a spogliarsi nuda, in pieno gennaio, per vagare nei campi limitrofi la loro abitazione. Per Buoninconti e per i suoi legali, Elena Ceste, raggiunto il canale del Rio Mersa, sarebbe caduta accidentalmente, sbattendo la testa. L’ipotermia, secondo la tesi sostenuta dai difensori di Buoninconti, avrebbe quindi causato la morte della donna. Nel luglio del 2015 ha preso il via il lungo percorso giudiziario che vede il solo imputato a rispondere del delitto. Il primo grado di giudizio, svoltosi con rito abbreviato, si è concluso con la condanna al massimo della pena prevista, pari cioè a 30 anni di reclusione. Il 15 febbraio 2017, nonostante la difesa abbia provato a ribaltare la sentenza, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Torino hanno confermato la condanna.
Proprio questa sua insoddisfazione per non essere riuscito a screditare le accuse ha spinto Michele Buoninconti a sfogarsi con i propri familiari all’interno del carcere. A mostrare per la prima volta il colloquio tra il marito di Elena Ceste e il fratello e la cognata è stato il programma Quarto Grado. Nel colloquio intercettato tra i tre, Michele si sfoga e parla della perizia della criminologa Ursula Franco e dei suoi avvocati del momento.
Il vigile del fuoco appare su tutte le furie e non risparmia nessuno, accusando i suoi stessi legali di essere succubi della procura: “Masoero e Girola sono dipendenti della Deodato (la pm che si è occupata delle indagini riguardanti la morte di Elena Ceste, ndr) pagati da me“. Interrotto dalla cognata, la quale chiede all’imputato se questo suo malcontento possa essere riportato agli avvocati stessi, Buoninconti risponde: “Glielo puoi dire, sì… Ma glielo dice sempre anche Masoero con parole più ‘legali’. La prossima volta che Girola ti viene a dire qualcosa – aggiunge il marito di Elena Ceste rivolto al fratello – gli dici: ‘Mio fratello non la teme per niente, mi dispiace per lei che farà una brutta fine, ha detto mio fratello. Non la farà mio fratello la brutta fine'”.
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