Condannati in primo grado gli uomini delle istituzioni e quelli delle cosche per la trattativa Stato-mafia: l’intesa presunta, compiuta a più riprese, fra pezzi dello Stato e boss mafiosi nella stagione delle stragi che hanno insanguinato l’Italia fra il 1992 e il 1993. La sentenza è stata emessa venerdì 20 aprile, dopo 5 anni e 6 mesi di processo e 5 giorni di camera di consiglio, dalla Corte d’assise di Palermo.
Dodici anni per gli ex generali Mario Mori e Antonio Subranni, 12 per l’ex senatore ed ex braccio destro di Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri (nella foto in alto), 8 anni per per l’ex colonnello Giuseppe De Donno. Ventotto anni per il boss Leoluca Bagarella. Assolto l’ex ministro Nicola Mancino. Il supertestimone del processo Massimo Ciancimino, condannato a 8 anni per calunnia, è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Prescrizione per il pentito Giovanni Brusca.
Dopo 5 anni e 6 mesi di processo, 5 giorni di camera di consiglio – scrive su Repubblica.it Salvo Palazzolo – è questo il verdetto della Corte d’assise di Palermo presieduta da Alfredo Montalto, nel processo chiamato a indagare sulla terribile stagione del 1992-1993, insanguinata dalle stragi Falcone e Borsellino e poi dagli attentati di Roma, Milano e Firenze. All’ex ministro Mancino era stata contestata la falsa testimonianza; agli altri uomini delle istituzioni il reato di concorso in minaccia a un corpo politico dello Stato, minaccia lanciata dai mafiosi con le bombe. Sempre secondo quanto scrive Repubblica.it, la condanna attribuisce la responsabilità agli ufficiali del Ros dei carabinieri per il periodo 1992; a Marcello Dell’Utri per il “periodo del governo Berlusconi”. Ovvero, il periodo 1993-1994.
Secondo i pubblici ministeri Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi, in quei mesi uomini dello Stato avrebbero trattato con i vertici di Cosa nostra: la finalità dichiarata era quella di bloccare il ricatto delle bombe, ma per l’accusa gli ufficiali dei carabinieri avrebbero finito per veicolare il ricatto lanciato dai mafiosi, trasformandosi in ambasciatori dei boss. Era questo il cuore dell’atto d’accusa dei magistrati, che nella requisitoria avevano chiesto pesanti condanne. Le motivazioni della sentenza arriveranno fra novanta giorni.
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