Il mercato dei sex toys è in espansione, alimentato in prevalenza da giovani donne tra i 20 e i 30 anni (+300% rispetto al 2016). Nel 2017 ha generato un giro d’affari mondiale di 18,6 miliardi di euro: gli articoli vanno da un prezzo di 99 centesimi a 399 euro. Ma attenzione, non è detto che non ci siano forti rischi per la salute.
Il campionario è vario e assortito, come i materiali. E questo può costituire un problema: a differenza dei giocattoli non esiste una normativa sanitaria che limiti i rischi del contatto con le mucose di materiali potenzialmente tossici che piotrebbero derivare dall’uso dei sex toys. I rischi per la salute ci sono, come ha documentato sul Corriere della Sera Milena Gabanelli.
E sono davvero tanti, almeno potenzialmente: le sostanze nocive sono i ftalati, i cloruri di vinile, e per questo è utile il dossier di Report firmato da Milena Gabanelli per il Corriere della Sera dedicato a un tema per definizione poco pubblicizzato. Ma il fatto, specie per i prodotti asiatici, che il contenuto dei materiali venga quasi sempre sottaciuto crea un reale allarme, come sottolinea Blitzquotidiano.it.
Va considerato poi l’identikit di chi acquista i sex toys: le giovani donne tra i 20 e i 30 anni. Esse sono nel momento di fertilità massima, mentre l’esposizione agli interferenti endocrini e cancerogeni rilasciati da pvc e altre derivazioni della plastica, riguardano la salute riproduttiva dell’età evolutiva. Si può pregiudicare la fertilità, così come la salute del nascituro. “Per una donna incinta gli ftalati sono pericolosi. Lo sviluppo sessuale del bambino può essere alterato se siamo di fronte a prodotti di scarsa qualità. Se lo ftalato va nel sangue della mamma e, attraverso la mucosa, arriva al bimbo nelle prime fasi dello sviluppo, dove le cellule stanno migrando per decidere maschio o femmina, ci possono essere seri problemi”, spiega al Corriere della Sera la dottoressa Fiorella Belpoggi.
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