Un attacco duro quello di Selvaggia Lucarelli al dermatologo Matteo Cagnoni, accusato di aver brutalmente ucciso sua moglie Giulia Ballestri, e al modo in cui è stato spettacolarizzato il processo.
Non usa mezzi termini Selvaggia Lucarelli sul suo profilo Facebook nel post in cui parla del processo per l’omicidio di Giulia Ballestri, in cui l’unico indagato per la brutale uccisione è il marito della donna Matteo Cagnoni, definitosi lui stesso “il dermatologo dei vip”. Da mesi va ormai avanti il processo in cui non sono mancati colpi di scena e reazioni offensive da parte dell’imputato verso i familiari della vittima, in particolare verso la mamma della donna uccisa il 16 settembre del 2016. Ed è proprio su ciò che interviene l’opinionista italiana: “Un processo di cui si parla poco, ma che sta diventando un triste show in cui va in scena l’ultimo atto di un narcisista patologico, pronto a infangare la memoria della moglie barbaramente uccisa (e di gridare vacca! alla sua ex suocera) pur di salvare la reputazione”.
Per Selvaggia Lucarelli il processo in atto è terribilmente mutato: “A Ravenna si sta svolgendo un processo-show che più che un processo è un trattato psicologico sulla personalità di certi uomini e dei moventi futili, rabbiosi e narcisistici che ci sono dietro agli assassinii di tante donne. Il protagonista è Matteo Cagnoni, ex dermatologo noto per le sue apparizioni in tv e rampollo di una famiglia dell’alta borghesia, che il 16 settembre del 2016, secondo l’accusa, ammazzò la moglie Giulia Ballestri a bastonate nella villa disabitata di famiglia”. Le prove contro il marito della vittima, come evidenziato dalla nota opinionista ma soprattutto da quanto messo in luce nelle udienze, sono notevoli a partire dalle impronte presenti sulla scena del crimine, ai filmati che ritraggono i due insieme poco prima del delitto e alla fuga di Matteo Cagnoni al momento dell’arresto. “Un delitto schifoso, ma tutto sommato sulla scia dei tanti che conosciamo, verrebbe da pensare – commenta Selvaggia Lucarelli – E invece questa storia si distingue per quello che sta accadendo in aula, udienza dopo udienza, con un imputato che sta trasformando in un evento mediatico, quasi teatrale, la morte di una donna che aveva la colpa di quasi tutte le donne che muoiono così: quella di voler provare ad essere felice lontana dall’uomo che la considerava una proprietà. Cagnoni si presenta puntualmente in aula con le sue camicie stirate e inamidate, le cravatte eleganti, ben annodate, i completi principe di Galles e l’aria spavalda di chi sfiderà la corte fino all’ultimo, negando qualsiasi addebito. Cercando di conservare la sua reputazione, che pare la cosa che gli interessa di più”.
Riferendosi a Cagnoni Selvaggia Lucarelli tuona: “Ha creato attorno a sé un perverso alone di divismo, per cui ad ogni udienza, i telefoni del tribunale impazziscono perché la gente vuole sapere se deve prenotarsi per entrare, come fosse il concerto di Vasco Rossi. Tutti vogliono vedere Cagnoni, assistere alle sue sfuriate, godersi lo show che regala ai curiosi, certo, ma anche alla famiglia di Giulia, costretta a subire non solo ricostruzioni dolorose di un omicidio, ma pure l’insolenza dell’ex marito di lei nonché unico imputato. Si creano file fuori dal tribunale, l’aula è popolata da un curioso e disarmante esercito di signore che lo fotografano e lo riprendono per portare a casa il feticcio, ovvero un ritratto dell’affascinante dermatologo così distinto pure dietro alle sbarre”. La Lucarelli continua nel suo lungo post: “Intanto, a febbraio, Cagnoni ha chiesto ai giudici di compiere un atto di clemenza. ‘Datemi i domiciliari. Mi sento abbattuto, ai piedi di Cristo. Non sto bene e ho paura che mi venga un tumore come già in altre repubbliche successe per questioni di sistema immunitario’. Si sente Enzo Tortora. Una vittima. Nel frattempo però, pur di salvare la pelle (deformazione professionale da dermatologo, verrebbe da ironizzare) continua a infangare la reputazione della moglie. Una donna che stava provando ad essere felice lontano da lui, dalla sua vanità, dalla sua prepotenza e morì, in maniera terribilmente simbolica, ai piedi di un quadro su cui finirono numerosi schizzi di sangue. Il nome di quel quadro era Narciso”.
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