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Cronaca

Aldo Moro, 40 anni fa la strage di via Fani e il sequestro. Molti i punti oscuri

Pubblicato da
Domenico Coviello

Esattamente 40 anni fa, il 16 marzo 1978, poco dopo le 9, un commando dei terroristi delle Brigate Rosse entra in azione in via Mario Fani, a Roma: blocca le auto del presidente della Democrazia Cristiana e Padre costituente, Aldo Moro, uccide i 5 uomini della scorta – i carabinieri Oreste Leonardi, caposcorta, e Domenico Ricci, e i poliziotti Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi –  e porta via Moro su una Fiat 132 blu. Il sequestro terminerà 55 giorni dopo, il 9 maggio, con l’uccisione dello statista. Oggi rimangono molti punti oscuri: perché in via Fani c’era un colonnello dei servizi segreti militari (Sismi)? Chi erano i due uomini a bordo di una moto Honda mai identificati? Chi era l’uomo che, producendo una perfetta azione da professionista militare, sparò 49 colpi sui 92 totali del commando, di fatto portando a termine quasi da solo l’azione militare in soli tre minuti dalle 9.02 alle 9.05 mentre le armi dei brigatisti si incepparono? Perché un Br di via Fani, Alessio Casimirri, è ancora latitante in Nicaragua? 

Ecco le tappe drammatiche di quei giorni, come riproposte dal sito web dell’Ansa

– 16 marzo: poco dopo le 9 del mattino un commando delle Brigate Rosse entra in azione a via Fani, a Roma. In pochi minuti, dopo aver bloccato con un tamponamento le auto del presidente Dc Aldo Moro, le Br uccidono i 5 uomini di scorta e portano via Moro su una Fiat 132 blu. Poco dopo rivendicano l’azione con una telefonata all’Ansa. Cgil, Cisl e Uil proclamano lo sciopero generale. In serata il governo Andreotti, il primo con il voto favorevole del Pci, ottiene la fiducia alla Camera e al Senato.

 – 18 marzo: Arriva il Comunicato n.1 delle Br, che contiene la foto di Moro e annuncia l’inizio del “processo” dalla “prigione del popolo” che sarà poi identificata in un appartamento di via Montalcini. Restano dubbi sul fatto che Moro sia stato prigioniero solo e soltanto lì per l’intera durata del sequestro.

Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, in via Fani, oggi 16 marzo 2018

–  19 marzo: Papa Paolo VI lancia il suo primo appello per Moro.

– 20 marzo: al processo di Torino, il “nucleo storico” delle Br rivendica la responsabilità politica del rapimento.

– 21 marzo: Il governo approva il decreto antiterrorismo.

– 25 marzo: Le Br fanno trovare il Comunicato n.2.

– 29 marzo: Arriva il Comunicato n. 3 con la lettera al ministro dell’Interno Francesco Cossiga in cui Moro dice di trovarsi ”sotto un dominio pieno e incontrollato dei terroristi” e accenna alla possibilità di uno scambio. Moro non voleva renderla pubblica, ma i brigatisti scrivono di averla resa nota perché ”nulla deve essere nascosto al popolo”. Recapitate anche altre lettere indirizzate alla moglie Eleonora e a Nicola Rana.

– 4 aprile: Arriva il Comunicato n. 4, con una lettera al segretario della Dc Benigno Zaccagnini.

– 7 aprile: Il Giorno pubblica una lettera di Eleonora Moro al marito. La famiglia tiene un linea del tutto autonoma rispetto alla cosiddetta “linea della fermezza” del governo.

– 10 aprile: Le Br recapitano il Comunicato n.5 e una lettera di Moro al suo compagno di partito ex ministro della Difesa e degli Interni, Paolo Emilio Taviani, che contiene forti critiche.

– 15 aprile: Il Comunicato n.6 annuncia la fine del “processo popolare” e la condanna a morte di Aldo Moro.

Aldo Moro (1916-1978)

– 17 aprile: Appello del segretario dell’Onu Kurt Waldheim.

– 18 aprile: Grazie ad un’infiltrazione d’acqua quasi certamente provocata ad arte, polizia e carabinieri scoprono il covo di via Gradoli 96 a Roma. I brigatisti Mario Moretti e Barbara Balzerani sono però assenti. A Roma viene trovato un falso Comunicato n.7 in cui si annuncia l’avvenuta esecuzione di Moro e l’abbandono del corpo nel Lago della Duchessa. Il comunicato, falso in modo evidente, è ritenuto autentico e per giorni il corpo di Moro sarà cercato, con un grande schieramento di forze, in un lago di montagna, tra le province di Rieti e L’Aquila, ghiacciato da mesi.

– 20 aprile: Le Br fanno trovare il vero Comunicato n.7, a cui è allegata una foto di Moro con un giornale del 19 aprile.

– 21 aprile: La direzione Psi, guidata da Bettino Craxi, è favorevole alla trattativa.

– 22 aprile: Lettera-appello di Paolo VI agli ”Uomini delle Brigate rosse” perché liberino Moro ”senza condizioni”.

Moro e gli uomini della sua scorta: tutti uccisi

– 24 aprile: Il Comunicato n. 8 delle Br chiede in cambio di Moro la liberazione di 13 Br detenuti, tra cui Renato Curcio. Zaccagnini riceve un’altra lettera di Moro, che chiede funerali senza uomini di Stato e politici.

– 29 aprile: Messaggi di Moro sono recapitati a Leone, Fanfani, Ingrao, Craxi, Pennacchini, Dell’ Andro, Piccoli, Andreotti, Misasi e Tullio Ancora.

– 30 aprile: Moretti, il capo delle Br, telefona a casa Moro e dice che solo un intervento di Zaccagnini, ”immediato e chiarificatore” può salvare la vita del presidente Dc.

– 2 maggio: Craxi indica i nomi di due terroristi ai quali si potrebbe concedere la grazia per motivi di salute.

– 5 maggio: Andreotti ripete il “no alle trattative”. Il Comunicato n. 9 annuncia:’‘Concludiamo la battaglia cominciata il 16 marzo, eseguendo la sentenza”. Lettera di Moro alla moglie:”Ora, improvvisamente, quando si profilava qualche esile speranza, giunge incomprensibilmente l’ordine di esecuzione”.

– 9 maggio: Verso le 13,30, in via Caetani (vicino alle sedi di Dc e Pci), dopo una telefonata di Morucci avvenuta poco prima delle 13, la polizia trova il cadavere di Moro nel portabagagli di una Renault 4 rossa. Era in corso la direzione Dc, dove sembra che Fanfani stesse per fare un discorso aperto alla trattativa. Moro sarebbe stato ucciso la mattina presto nel garage di via Montalcini, il covo usato dai brigatisti come ”prigione del popolo”.

Aldo Moro al mare. Era solito andare con la famiglia a Terracina (Roma)

Photo credits: Twitter

Domenico Coviello

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Domenico Coviello

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