Macerata, caccia a chi ha fatto scempio di Pamela: nigeriano bloccato a Milano

Ore contate per chi ha massacrato a Macerata il corpo della povera Pamela Mastropietro, 18 anni, fatta a pezzi e abbandonata per strada in due valigie. Un fatto che, stando i risultati della seconda autopsia sui resti del cadavere, è opera di più persone con specifiche abilità. Resta da chiarire se la ragazza sia stata uccisa oppure sia morta per overdose di droga.

Un nigeriano è stato bloccato a Milano, riporta il sito web dell’Ansa, mentre stava andando in Svizzera, e un connazionale – forse una donna – è stato rintracciato a Macerata, entrambi interrogati dai carabinieri fino a tarda sera, ieri 9 febbraio. L’inchiesta ha avuto un’accelerazione improvvisa.

CHI È INDAGATO FINO A ORA

I nuovi sospettati, non in stato di fermo, sono ancora sotto torchio nell’ambito dell’indagine sulla morte della 18enne romana che vede già indagati per omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere due pusher nigeriani: Innocent Oseghale, arrestato, che abitava nella casa di via Spalato dov’è morta Pamela – non è chiaro se a causa di un’overdose o se assassinata -, e Desmond Lucky, tuttora in libertà, chiamato in causa da Oseghale come fornitore di una dose di eroina alla 18enne.

I COMPLICI

Gli altri due nigeriani, secondo gli inquirenti, potrebbero aver contribuito a sezionare e occultare il cadavere della 18enne, fatto a pezzi e ritrovato in due trolley a Pollenza (Macerata). L’autopsia bis, eseguita ieri da un pool di medici legali dell’Università di Macerata, non ha chiarito le cause del decesso ma ha riscontrato varie lesioni sul corpo (alla testa e all’altezza del fegato): sono state inferte prima o dopo la morte? Saranno decisivi altri esami di laboratorio oltre a quelli tossicologici. L’accertamento ha però evidenziato un sezionamento quasi “scientifico” del cadavere: sarebbero servite molte ore per farlo, oltre alla mano di persone esperte.

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COSA È SUCCESSO NELL’ULTIMO GIORNO DI PAMELA?

Il dettaglio ha messo i carabinieri sulle tracce dei due nigeriani interrogati dagli investigatori. Ora gli inquirenti, con l’ausilio anche di indagini tecniche e informatiche, stanno vagliando movimenti e alibi relativi a quel 30 gennaio, l’ultimo giorno di vita di Pamela che, dopo essersi allontanata il 29 gennaio dalla comunità di recupero Pars di Corridonia, era arrivata a Macerata e aveva contattato Oseghale per procurarsi la droga. Qui la vicenda si fa nebulosa.

LA VERSIONE DEL PUSHER

Nella sua seconda versione, lo spacciatore 29enne ha sostenuto di essere salito in casa con la ragazza e con Lucky che le avrebbe ceduto una piccola dose di eroina. Quando Pamela è andata in overdose, ha detto Oseghale, lui sarebbe scappato, trovando in seguito nell’abitazione le valigie con il corpo già sezionato. Desmond Lucky sostiene invece di non aver mai spacciato né di essere stato nella mansarda dove i Ris hanno trovato i vestiti di Pamela sporchi di sangue, tracce ematiche in cucina e su un piumone bagnato in balcone, oltre a grossi coltelli da cucina tra cui una mannaia. La sera stessa Oseghale, che aveva i trolley con sé, ha chiesto a un amico camerunense di accompagnarlo in auto a Pollenza. Il resto sono ipotesi.

UNA POSSIBILE RICOSTRUZIONE DEI FATTI

Pamela potrebbe essere stata stroncata dalla dose d’eroina dopo quattro mesi che non ne assumeva e poi ferita e fatta a pezzi per sviare le tracce. O potrebbe essere stata aggredita e uccisa in una colluttazione in casa. Ipotesi per ora non suffragate da prove, neanche di tipo scientifico. Gli interrogatori ancora in corso potrebbero fornire elementi utili alle indagini su una vicenda che ha ancora troppe zone d’ombra. Gli accertamenti tecnici, per i quali ci vorranno ancora dei giorni, serviranno in ogni caso a dare alcune certezze.

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