I genitori di Luca Varani, il giovane ucciso brutalmente il 4 marzo 2016 in un appartamento di Roma, tornano a chiedere giustizia a quasi due anni dalla morte del figlio.
Una morte terribile quella di Luca Varani, il giovane 23enne ucciso il 4 marzo del 2016 in un appartamento di un quartiere periferico di Roma, dopo ore di torture e sevizie al culmine di un festino a base di alcool e droga da parte di Manuel Foffo e Marco Prato. I genitori di Luca da quel giorno non hanno pace e da sempre, come riportano le diverse interviste fatte al padre della vittima nel corso di questi anni, chiedono giustizia per il figlio. Una giustizia che, a loro avviso, per il momento non c’è stata: Foffo ha scelto di essere processato con il rito abbreviato al fine di evitare la condanna all’ergastolo. I giudici lo hanno ritenuto colpevole del brutale omicidio condannandolo al massimo della pena prevista: 30 anni di reclusione. Marco Prato invece si è suicidato in carcere. Nella lettera prima di togliersi la vita Prato confessa il motivo di tale gesto: “Non ce la faccio a reggere l’assedio mediatico che ruota attorno a questa vicenda. Io sono innocente”. In un’ultima intervista aveva dichiarato: “Non sono stato io a colpirlo con il martello e con i coltelli. La verità è che non ho avuto il coraggio di fermare Manuel, ero succube della sua personalità“.
Cosa è successo con la precisione quella terribile sera rimane in parte un mistero, ma indubbiamente Luca Varani è stato vittima di una ferocia assassina. Nessuno potrà ridare indietro alla povera famiglia del 23enne il figlio perduto. Il dolore purtroppo li accompagnerà per sempre, ma la rabbia è un emozione che i familiari di Luca possono smettere di provare una volta ottenuta quella che per loro è la vera giustizia.
Giuseppe Varani, padre di Luca, fin dal giorno della sentenza nei confronti di Manuel Foffo ha sempre esternato la propria rabbia: “Sono amareggiato, non è giustizia piena. Questi omicidi non possono essere giudicati col rito abbreviato“, aveva dichiarato uscito dall’aula del Tribunale. Per il padre della vittima non è ammissibile che chi compie con una brutalità inaudita tali omicidi possa usufruire del rito abbreviato.
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