Continuano le indagini sulla misteriosa morte di Sofiya Melnyk, la 43enne ucraina il cui cadavere è stato rinvenuto ai pendii del Monte Grappa la mattina della vigilia di Natale. La donna scomparsa aveva tre amanti: si sospetta che l’abbia uccisa uno di loro.
Ciò che è successo a Sofiya Melnyk è ancora un mistero. Dopo la conferma dell’identità del cadavere rinvenuto il giorno della vigilia di Natale, l’autopsia ha evidenziato, come dato macroscopico, la presenza di numerosi traumi sul corpo della 43enne ucraina. A spiegarlo è stato l’anatomopatologo Alberto Furlanetto, il quale ha riscontrato ematomi e lesioni compatibili con colpi portati con un bastone o con calci, ma anche legati alla caduta dalla sommità della scarpata da cui è stato gettato il corpo, qualora esso sia stato lanciato quando ancora la donna era in vita. Non sono emerse ferite da armi da fuoco o armi da taglio. In attesa degli accertamenti sui pc rinvenuti nell’abitazione nel quale viveva la donna insieme al suo convivente, Daniel Pascal Albanese, gli inquirenti sospettano che il movente della morte della donna sia da ricercare nelle tre storie d’amore della vittima.
Sofiya, al momento, si ipotizza che sia stata uccisa a botte o a bastonate, per poi essere abbandonata dal killer nel dirupo nel quale è stata ritrovata. Per avvalorare tale tesi bisognerà attendere i risultati della Tac e l’indagine entomologica per valutare il tempo di permanenza del corpo sul luogo in cui è stato rinvenuto. Il ritrovamento di materiale biologico sotto le unghie della 43enne ucraina fa ipotizzare che la donna abbia reagito al pestaggio e la pelle ritrovata, strappata nel tentativo disperato di difendesi, potrebbe svelare l’identità del suo assassino. La criminologa e psicologa Giulia Marcon, come riporta Il Gazzettino, ha analizzato il quadro messo in piedi dalla Procura di Treviso che si occupa del misterioso giallo di Cornuda: “Potremmo dire che quella con Pascal sia la relazione primaria. Fatta di vicinanza, convivenza, mutuo soccorso e soprattutto abitudine. Non è una relazione così facile da troncare. E infatti Sofiya per 16 anni l’ha portata avanti”, spiega la psicologa, analizzando la storia d’amore dei due conviventi. “La tesi che sta prendendo quota – continua l’esperta – è che il suicidio di Pascal sia una confessione: mi uccido per il senso di colpa. Ho compiuto qualcosa di orribile. Ha una sua plausibilità ma non può far tralasciare un’altra ipotesi. Pascal si uccide perché senza Sofiya la sua vita non vale niente. Perché il rifiuto di Sofiya equivale all’auto negazione. Ma magari Pascal ha più intrecci di quelli che noi immaginiamo con gli altri uomini della vita i Sofiya”.
Giulia Marcon torna sull’anomalo incontro tra i tre uomini di Sofiya dai Carabinieri dopo la denuncia di scomparsa: “Sappiamo che quando (Pascal, ndr) arriva in caserma per la deposizione e vede il geologo 70enne lo riconosce e ha un moto di sorpresa mista a paura. Il geologo conosce bene Pascal, al punto da litigare con Sofiya che vuole includerlo nel possesso della casa. Pascal cosa sa del maturo professionista? Perlomeno che Sofiya trascorre con lui tutti i week end. E che è grazie al suo anticipo che hanno potuto acquistare la casa”. Pare, quindi, che Pascal fosse al corrente della doppia vita di Sofiya, ma l’impressione di chi sta seguendo il caso è che vi sia dell’altro dietro questa storia, un retroscena non ancora emerso e che presto le indagini porteranno a galla: “Non mi spingo a dire che dagli hard disk uscirà la verità. Ma una donna di 43 anni può davvero prendere una decisione drastica come il cambio di vita in un mese? È davvero poco probabile. E se è così, il motivo è difficile sia il solo amore. Credo che la relazione avesse un secondo fine”, conclude la criminologa e psicologa Marcon.
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