Quando nessuno più se lo aspettava ha telefonato a casa, da dove manca da 14 mesi: “Mi tengono prigioniero, aiutatemi. Vogliono il riscatto, altrimenti mi uccidono”. È la madre di Alessandro Sandrini, 32 anni, operaio di un’azienda bresciana, residente a Folzano, a raccontare delle drammatiche telefonate del figlio, di cui non aveva avuto più notizie da quando il 3 ottobre 2016 era partito per un viaggio organizzato di una settimana in Turchia.
La donna ha rotto il silenzio con il Giornale di Brescia, che racconta i dettagli del mistero su cui indaga la procura. I pubblici ministeri, in base a quanto raccontato, hanno aperto un’inchiesta e sono in stretto contatto con la Farnesina. Chiamate, quelle ricevute dalla madre di Sandrini, effettuate da operatori virtuali, una il 19 ottobre – “mamma non so dove sono mi hanno sequestrato” – l’ultima domenica scorsa 3 dicembre: “avvisa l’ambasciata italiana, vogliono i soldi, non da noi, dallo Stato” – ma che gli inquirenti non sono riusciti ad associare a un contatto reale.
QUELLA ZONA DI CONFINE CON LA SIRIA
Gli investigatori sono al lavoro sul caso da più di un anno, da quando la madre del 32enne ha presentato due denunce in questura sulla scomparsa del figlio. Alessandro Sandrini era partito per un viaggio organizzato in Turchia e come da programma ha fatto scalo a Istanbul, e ha effettivamente soggiornato nell’albergo di Adana, città turca a 180 chilometri da Aleppo – la città della Siria devastata da anni di guerra –, prenotato per la sua vacanza. Secondo la ricostruzione del Giornale di Brescia, per gli inquirenti, si tratta di una situazione di “rischio concreto”, e le indagini portano al confine con la Siria. Gli accertamenti della polizia, e anche il monitoraggio del conto corrente, dove nessun prelievo è stato fatto, fino a oggi, hanno portato a escludere l’ipotesi del finto rapimento.
IL CASO ZANOTTI: I VIDEO NON CANCELLANO I DUBBI
Ma un altro bresciano è scomparso dall’aprile dell’anno scorso, 20 mesi fa, dopo essere partito per ragioni di lavoro per la Turchia e aver raggiunto una zona a ridosso del confine siriano. È Sergio Zanotti (nella foto sotto), e sarebbe tenuto in ostaggio in Siria da un gruppo armato. Di lui non si hanno più notizie certe. Il caso di Zanotti appare però, ancora oggi, non chiaro. L’uomo, scrive sul Giorno dello scorso 4 dicembre Pietro Verri, originario di Marone sul Lago d’Iseo, era benvoluto in paese e aveva attraversato momenti difficili per il cattivo andamento di alcune su attività imprenditoriali. Oltre un anno fa il 21 novembre 2016 un video che lo ritraeva in ginocchio sotto la minaccia di un fucile era stato reso pubblico. Ne sono seguiti altri nella primavera di quest’anno. Non è chiaro, tuttavia, se si tratti realmente di un sequestro operato dall’Isis.
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Photo credits: Twitter
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