A 16 anni dall’omicidio della giornalista inviata del Corriere della Sera, Maria Grazia Cutuli, la Corte di Assise di Roma ha condannato a 24 anni di reclusione in primo grado Mamur e Zar Jan, i due afghani accusati dell’omicidio della cronista, avvenuto il 19 novembre 2001 in Afghanistan.
Assieme alla Cutuli furono uccisi altri tre giornalisti: Julio Fuentes, spagnolo, inviato del Mundo; Harry Burton, australiano, e Hazizullah Haidari, entrambi dell’agenzia Reuters. Con loro c’era anche un interprete afgano. Il pm Nadia Plastina aveva chiesto una condanna a 30 anni di carcere. La sentenza sui due banditi pashtun è stata presa dai giudici della I corte d’assise di Roma dopo una camera di consiglio di poco meno di tre ore, oggi 29 novembre.
I DUE GIA’ CONDANNATI ALL’ESTERO
I due condannati erano collegati in videoconferenza dal carcere di Kabul: dovranno risarcire i danni per 250 mila euro ciascuno alle parti offese, Rcs-Corriere della sera e familiari della giornalista. Il presidente della corte Vincenzo Capozza ha disposto la pubblicazione per estratto della sentenza sul Corriere della Sera, su Repubblica e sul Corriere di Sicilia. “Ringrazio la Procura di Roma e la Digos della polizia per il lavoro eccezionale. Questa condanna conferma quella comminata all’estero ma ha un altro valore – ha dichiarato l’avvocato Caterina Malavenda, legale della Rcs-Corriere della sera, dopo la sentenza -. Un delitto politico e orribile quello di Maria Grazia. Avere una sentenza in Italia non restituisce Maria Grazia alla famiglia, ma per parenti è di conforto sapere che lo Stato c’è”.
L’IMBOSCATA
Nel novembre 2001 Maria Grazia Cutuli era da un mese in Afghanistan. Si trovava a bordo di un convoglio con gli altri tre colleghi quando furono attaccati e uccisi da uomini armati a 90 chilometri da Kabul. Cutuli negli ultimi giorni aveva coperto la zona di Jalalabad con servizi anche sui covi di Al Qaeda distrutti dalle bombe americane. Insieme a Fuentes, aveva raccontato il ritrovamento di alcune fialette di Sarin, il terribile gas nervino che era stato usato anche dai terroristi giapponesi nel metrò di Tokyo, per l’attentato avvenuto il 20 marzo 1995, che causò 12 morti e oltre 6 mila intossicati.
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