Erano finiti alla sbarra a Torino con accuse di maltrattamenti gravissimi inflitti ai loro due figli. Adesso una coppia di egiziani, marito e moglie, sono stati condannati dal tribunale a 3 anni e sei mesi di carcere.
Secondo quanto è stato ricostruito in sede di indagini, i ragazzi, di 10 e 18 anni all’epoca dei fatti, venivano frustati con il filo elettrico sulle mani e sotto i piedi, legati alle sedie e costretti a frequentare la scuola araba e a portare il velo. Ora i ragazzi sono stati affidati a una comunità.
A parlare dei maltrattamenti era stata una delle figlie, che aveva confidato a un’insegnante: “Piuttosto che tornare a casa, mi uccido“. Il pubblico ministero Dionigi Tibone aveva chiesto cinque anni di reclusione per il padre e tre anni e sei mesi per la madre, che non solo non si sarebbe mai opposta alle violenze, ma avrebbe segnalato al marito le presunte “malefatte” dei ragazzini.
Stando alla ricostruzione dell’accusa, i bambini la pregavano di non avvertire il papà “che dava le botte”. “Nella mia lunga carriera ho affrontato pochi casi così gravi”, aveva spiegato in aula il magistrato. “I genitori – che hanno sempre rigettato ogni accusa – non hanno mai chiesto scusa, non si sono mai fermati a riflettere sui loro errori. Non hanno capito il danno che hanno fatto ai loro figli, oggi psicologicamente distrutti”.
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