Dopo settimane di ipotesi, Mosca ha confermato che la nube radioattiva di rutenio -106 che ha sorvolato il Nord Italia tra settembre e ottobre è stata rilevata anche in Russia. Secondo il servizio meteorologico Roshydromet, negli Urali meridionali, al confine con il Kazakhistan, sono stati misurati nell’aria livelli di rutenio -106 mille volte oltre la norma, che corrisponde a “un grado di contaminazione estremamente alto”. Rosatom, l’agenzia responsabile del nucleare in Russia (emanazione diretta del governo), si è affrettata poi a fare marcia indietro, negando ogni possibile incidente entro i suoi confini. Quali rischi per la popolazione?
Ammissione (a metà) dalla Russia: Mosca ha confermato che la nube radioattiva di rutenio -106 che ha sorvolato il Nord Italia tra settembre e ottobre è stata rivelata anche in Russia. Nello specifico, secondo il servizio meteorologico Roshydromet, negli Urali meridionali, al confine con il Kazakhistan, sono stati misurati nell’aria livelli di rutenio -106 mille volte oltre la norma, che corrisponde a “un grado di contaminazione estremamente alto”. Rosatom, l’agenzia responsabile del nucleare in Russia (emanazione diretta del governo), si è però poi affrettata a fare marcia indietro, negando ogni possibile incidente entro i suoi confini. Lo riporta ‘La Repubblica’.
I primi valori anomali erano stati registrati nel Nord Italia il 2 ottobre, per poi estendersi verso nord al resto d’Europa. In totale, la nube di rutenio -106 ha toccato 14 paesi del continente, sempre in forma lievissima, non tossica per la salute umana né per l’ambiente. In una decina di giorni, poi, la nube è scomparsa.
“Non esiste alcun pericolo per la nube radioattiva che ha allarmato l’Europa nelle scorse settimane”, ha dichiarato Paolo Zeppa del Centro nazionale per la sicurezza nucleare e radioprotezione dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale), come riporta il ‘Corriere della Sera’. “Ora nell’aria non c’è alcuna traccia del radionuclide Rutenio 106, del quale era stata rilevata la presenza soprattutto tra l’ultima settimana di settembre e nella prima di ottobre. Già allora non rappresentava un pericolo e la sua presenza non era di rilevanza sanitaria da far scattare il piano nazionale per eventi nucleari e radiologici previsto in questi casi. Il suo livello era ben inferiore alla radioattività naturale esistente nell’ambiente e con la quale viviamo normalmente. Da allora le rilevazioni sono continuate in tutte le regioni italiane”.
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