La Corte Penale Internazionale ha condannato all’ergastolo l’ex generale delle truppe serbo bosniache Ratko Mladić, ritenendolo responsabile del massacro di Srebrenica. Le accuse a suo carico erano genocidio e crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante la guerra in Bosnia tra il 1992 e il 1995.
Soprannominato “il boia dei Balcani“, Mladic è stato riconosciuto colpevole di 10 degli 11 capi di accusa a suo carico, tra cui genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. L’avvocato difensore di Mladić aveva richiesto di posticipare il verdetto motivando la richiesta con una serie di crisi di ipertensione del suo assistito, ma il giudice ha negato la richiesta.
IL RAS DEL TERRORE GRIDA E PROTESTA
Mladić ha chiesto dunque una pausa di cinque minuti per andare in bagno, ma l’ex comandante è rimasto nel bagno del tribunale per oltre 40 minuti. Quando la seduta in aula è ripresa, gli avvocati hanno chiesto di rinviare la sentenza a un altro giorno per le condizioni di salute dell’accusato, ma la Corte ha insistito nel volere terminare la lettura del verdetto. È a questo punto che Mladić ha cominciato a gridare e protestare contro i giudici, così il magistrato Alphons Orie ha chiesto alla sicurezza di portare via l’ex comandante dall’aula e trasferirlo in un’altra stanza per ascoltare la sentenza.
QUASI 600 TESTIMONI AL PROCESSO
Ratko Mladić è nato il 12 marzo 1942 a Kalinovik, in Bosnia Erzegovina. Militare di carriera nell’esercito popolare jugoslavo (JNA), il 12 maggio 1992, un mese dopo l’inizio della guerra in Bosnia, è stato nominato comandante di stato maggiore dell’esercito serbo bosniaco (VRS). Ha mantenuto il comando durante tutta la guerra. Come spiega Nicole Corritore sul sito web dell’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, il processo a Ratko Mladić è iniziato il 16 maggio del 2012 ed è durato 530 giorni, durante i quali hanno testimoniato 591 persone e sono state prodotte 11.000 prove documentali. Il procedimento si è concluso a dicembre 2016 con la pronuncia del verdetto fissato a novembre 2017.
ASSEDIO DI SARAJEVO: 10 MILA MORTI
Come comandante delle forze armate serbo bosniache, Mladić era subordinato solamente all’autorità del presidente Karadžić. I crimini per i quali è stato processato comprendono quello di genocidio e complicità in genocidio (Srebrenica); crimini contro l’umanità e in particolare omicidio, sterminio, deportazione e persecuzione per motivi politici, razziali e religiosi commessi nelle aree di Banja Luka, Bihać, Bijeljina, Bosanska Gradiška, Bosanska Krupa, Bosanski Novi, Bratunac, Brčko, Doboj, Foča, Gacko, Kalinovik, Ključ, Kotor Varoš, Nevesinje, Novi Grad, Prijedor, Rogatica, Sanski Most, Srebrenica, Teslić, Vlasenica, Vogošća e Zvornik; attacchi contro civili e organizzazione di una campagna di terrore contro la popolazione in particolare per i bombardamenti e l’assedio di Sarajevo, che ha provocato più di 10.000 morti.
CHE COSA È SUCCESSO A SREBRENICA
Nel luglio del 1995 le milizie serbo-bosniache occuparono la città di Srebrenica, dove avevano trovato rifugio migliaia di bosniaci musulmani, perseguitati dai serbo-bosniaci. Mladic ordinò il massacro di tutti i maschi adulti e adolescenti. In tutto, più di 7 mila persone furono uccise, in quello che fu l’episodio più sanguinoso del conflitto nella ex Jugoslavia, durato dal 1992 al 1995, nonché il peggiore che si ricordi in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
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