Si oppongo la zia e la nonna delle tre bambine, le cui confessioni sono state determinanti per condannare Raimondo Caputo per l’omicidio di Fortuna Loffredo, in merito all’adozione delle stesse a terze persone. Entrambe si sono opposte al provvedimento e hanno richiesto l’affidamento.
Non c’è pace per le tre bambine che, con le loro dichiarazioni, hanno permesso di arrestare e condannare all’ergastolo Raimondo Caputo, detto anche Titò, per l’omicidio di Fortuna Loffredo, la bambina di 6 anni violentata e poi scaraventata dall’ottavo piano di un palazzo del Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli, il 24 giugno del 2014. L’uomo, compagno della madre delle tre bambine, abusava sessualmente anche di loro. La compagna di Titò, nonché mamma delle piccole, Marianna Fabozzi, era al corrente di tutto: proprio per tali ragioni i giudici l’hanno ritenuta colpevole di aver coperto gli abusi, condannandola a 10 anni di carcere. Al momento delle violenze sessuali sulle figlie, la bimba più piccola della Fabozzi aveva soltanto 3 anni.
Per il Tribunale di Napoli le bambine possono essere date in adozione, così da allontanarle una volta per tutte da quel luogo di dolore. Le tre minori sono comparse, nella giornata del 20 ottobre, davanti alla Corte d’Appello di Napoli, dove sono state al centro di una lite per la loro adozione. Sia la nonna che la zia, lo scorso 23 settembre, si sono opposte alla sentenza di adottabilità pronunciata dal Tribunale ed hanno presentato un ricorso congiunto richiedendo l’affidamento delle bimbe.
Michela Fabozzi, la zia, e Angela Angelino, la nonna, si sono lamentate dell’ingiusta decisione presa, a loro avviso, dal Tribunale in quanto quest’ultimo avrebbe leso il diritto delle minorenni a mantenere i rapporti con la zia materna, con la madre e con la nonna. Per i giudici del Tribunale di Napoli è chiaro: la famiglia nella quale hanno vissuto le minori ha recato, a vario titolo, con i loro comportamenti e omissioni, soltanto danni alle bambine. La nonna e la zia però si oppongo e, su richiesta di Marianna Fabozzi, hanno reclamato l’affidamento con la previsione di prescrizioni nell’interesse delle minori, come, per esempio, non consentire incontri tra le bambine e la madre. Certo è che proprio Parco Verde, per le bambine, è simbolo di orrore e l’allontanamento da quest’ultimo potrebbe essere l’unica speranza di restituire un futuro migliore, rispetto al passato e al presente in cui sono state costrette a vivere.
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