All’indomani dell’attentato col quale è stata barbaramente uccisa Daphne Caruana Galizia, 53 anni, la giornalista investigativa e blogger di Malta che aveva scoperchiato gravissimi scandali su tangenti e corruzione che lambiscono anche la famiglia dell’attuale premier Joseph Muscat, un episodio sconcertante è apparso sui social media.
Il sergente della polizia maltese Ramon Mifsud – uno degli uomini che dovrebbero indagare sull’attentato contro Daphne Caruana Galizia, avvenuto ieri 16 ottobre – ha scritto un post su Facebook di questo tono: “Alla fine tutti hanno quello che si meritano, sono contento“, e ha aggiunto una faccina sorridente. La notizia è riportata da Repubblica.it, che ha pubblicato anche uno screenshot del post.
L’ACCUSA: “SIAMO IN UNO STATO DI MAFIA”
Il post ha scatenato l’ira del figlio della giornalista, Matthew Caruana Galizia, che su Facebook ha espresso durissime dichiarazioni: “Poche ore dopo, mentre quel clown di primo ministro stava facendo dichiarazioni al Parlamento su una giornalista che per più di dieci anni ha demonizzato e aggredito, uno dei sergenti di polizia che dovrebbe investigare sull’omicidio, Ramon Mifsud, ha postato questo su Facebook…Sì, ecco il nostro Paese: uno Stato di mafia dove puoi cambiare sesso sulla tua carta di identità (grazie a Dio) ma puoi anche saltare in aria solo perché eserciti i tuoi diritti basilari. Come ci siamo arrivati?”.
I PANAMA PAPERS E MALTA FILES
Matthew Caruana Galizia, fa parte, così come ne faceva parte sua mare, del Consorzio di giornalismo investigativo (in Italia ne fa parte l’Espresso) che ha scoperto lo scandalo dei Panama Papers e il successivo filone maltese, i Malta Files. Ossia l’occultamento nei paradisi fiscali dei Caraibi, ma non solo, di enormi somme di denaro, schermate dietro conti e società di comodo offshore.
L’ESPLOSIONE UCCIDE DAPHNE, IL RACCONTO DEL FIGLIO
È stato Matthew il primo ad arrivare sul luogo dell’esplosione, mentre la Peugeot della madre stava ancora bruciando. Ha sentito il boato da casa sua, che si trova a poche centinaia di metri di distanza in linea d’aria. “Non dimenticherò mai quella corsa nei campi divenuti un inferno – ha scritto ancora su Facebook -, cercavo un modo per aprire la portiera dell’auto, il clacson che suonava… Urlavo ai due poliziotti di usare l’unico estintore che tenevano in mano. Ho guardato a terra, c’erano pezzi del corpo di mia madre dappertutto. Ho capito che avevano ragione, non c’era più niente da fare. ‘Chi c’è in macchina?’, mi hanno chiesto. Mia madre, ho risposto. È morta. È morta per la vostra incompetenza”.
INDICE PUNTATO CONTRO IL PRIMO MINISTRO
“Mia madre è stata assassinata perché si è trovata in mezzo tra la legge e coloro che cercano di violarla, come molti altri giornalisti coraggiosi. Ma è stata colpita anche perché era l’unica a farlo. Ecco cosa accade quando le istituzioni dello Stato sono incapaci: l’ultima persona che rimane in piedi spesso è un giornalista. E quindi è la prima persona che deve morire”. L’affondo sul primo ministro laburista, Joseph Muscat, uno degli obiettivi delle indagini e delle critiche di Daphne, è netto. “Il governo di Malta ha permesso che si alimentasse una cultura di impunità – attacca Matthew Caruana Galizia -. È di poco conforto sapere che il premier di questo Paese ora dica che non avrà pace fino a quando gli assassini non saranno trovati, quando è lui a guidare un governo che incoraggia la stessa impunità. Prima ha riempito il suo ufficio di corrotti, poi ha riempito la polizia di corrotti e imbecilli, infine ha riempito i tribunali di corrotti e incompetenti”.
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