Shock nella Capitale. Le gambe di una persona, una donna, sono state trovate in un cassonetto a Roma, in viale Maresciallo Pilsudski, nel quartiere Parioli. A scoprirle, intorno alle 20 di Ferragosto, una ragazza che stava rovistando all’interno. Fermato e interrogato un uomo in Questura, è il fratello della vittima: ha confessato. Altri pezzi di cadavere trovati in un altro cassonetto in via Reni. E in via Pannini i vestiti e gli effetti personali.
Ore 16:24 +++ Identificata la donna uccisa e fatta a pezzi: è Nicoletta Diotallevi, 59 anni +++
La Procura di Roma ha emesso un provvedimento di fermo nei confronti di Maurizio Diotallevi, l’uomo di 62 anni, accusato di omicidio e occultamento di cadavere della sorella Nicoletta. Diotallevi è stato trasferito nel carcere di Rebibbia in attesa che il gip fissi l’udienza di convalida. L’uomo avrebbe confessato l’omicidio della sorella.
Ore 16:20 – Ci sarebbero delle liti familiari alla base dell’omicidio della donna fatta a pezzi e gettata in diversi cassonetti dei rifiuti a Roma. A quanto accertato finora, i due fratelli abitavano insieme in un appartamento nel quartiere Flaminio, a pochi metri di distanza dal cassonetto in cui la polizia ha rinvenuto la testa e il tronco della donna. I due fratelli si erano riuniti anni fa dopo la morte della mamma e vivevano in un appartamento in Via Guido Reni, posto sotto sequestro.
Ore 15:19 – Avrebbe confessato durante l’interrogatorio in Questura l’uomo sospettato di aver ucciso e fatto a pezzi la sorella gettandola in diversi cassonetti a Roma. Lo si apprende da fonti investigative. L’interrogatorio, durato alcune ore, si sta concludendo. La notizia è riportata dal sito web dell’Ansa.
Ore 14:39 – L’uomo interrogato in Questura sarebbe il fratello della vittima, un sessantenne italiano. Non si esclude che l’uomo possa essere affetto da gravissimi problemi psichici. Altre parti di corpo umano sono state trovate dagli agenti in un altro cassonetto, molto probabilmente sempre della stessa vittima. La scoperta è avvenuto in via Guido Reni, nel vicino quartiere Flaminio. La polizia scientifica sta analizzando i sacchi dove ci sarebbero la testa e del corpo della donna. In un terzo bidone in via Pannini, poco distante dal luogo del secondo ritrovamento, è stato posto sotto sequestro un altro cassonetto. All’interno vi sarebbero i vestiti della vittima e gli effetti personali.
AGGIORNAMENTO ORE 12:03 – Un uomo sarebbe sotto interrogatorio in Questura. La procura ha aperto un’indagine per omicidio. L’uomo sarebbe stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza di un esercizio commerciale mentre gettava qualcosa all’interno del cassonetto di viale Maresciallo Pilsudsky, nella notte tra il 14 ed il 15 agosto dopo essersi avvicinato in auto.
La giovane ha avuto un malore, ma è riuscita a dare l’allarme. Secondo la ricostruzione della Squadra Mobile, gli arti sarebbero però stati gettati la notte precedente, a giudicare almeno da un iniziale stato di decomposizione. Un elemento che potrebbe consentire di individuare l’autore del delitto che gli inquirenti avrebbero già capito essere un uomo.
Secondo quanto si è appreso, il resto del corpo non c’era. Le gambe probabilmente sono state tagliate con un’accetta. Un uomo sarebbe stato visto allontanarsi dal cassonetto nella notte di lunedì. Forse parte della targa della sua auto è risultata leggibile da una prima analisi delle immagini. Sul posto la sezione omicidi della Squadra Mobile. Sono in corso indagini a tutto campo per far luce sulla vicenda.
Difficile l’identificazione della vittima, visto che manca ogni elemento per dargli un nome: non essendo stato ritrovato il resto del corpo, non ci sono impronte digitali né protesi dentarie. Gli agenti stanno vagliando le denunce delle persone scomparse e stanno visionando le telecamere di zona che potrebbero aver inquadrato chi le ha gettate all’interno. Da una prima ricostruzione le gambe, certamente di una donna, sarebbero state tagliate a colpi d’ascia. L’episodio fa tornare in mente il caso del 2011, mai risolto, del busto di donna ritrovato al Divino Amore. Un caso ancora irrisolto dopo sei anni.
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