Tredici persone sono state uccise nelle ultime 24 ore, 120 in totale da aprile, e la protesta si è estesa in tutto il paese con giornate di vera e propria guerriglia urbana e i blindati in mezzo alle strade. Così si stanno svolgendo in Venezuela le elezioni politiche volute da Nicolas Maduro.
Mentre il governo ha continuato ad assicurare che nel paese “regna la calma” e, nonostante la bassa affluenza, ha definito le elezioni un “successo storico” del chavismo. Un appello alla comunità internazionale è stato lanciato dal leader dell’opposizione Leopoldo Lopez che chiede di non riconoscere il voto e denuncia la “brutale repressione della protesta”. Mentre gli Usa, secondo il Wall Street Journal, stanno valutando l’imposizione di sanzioni contro l’industria petrolifera del Venezuela che potrebbero avere un impatto devastante sull’economia del paese.
Intanto i dati ufficiali parlano di un’affluenza del 41,5%, mentre l’opposizione di una astensione dell’87%. Aumentano intanto i paesi americani che non riconosceranno l’esito dello scrutinio: Messico, Colombia, Perù e Argentina; il Cile parla di voto “illegittimo”; gli Usa condannano le violenze. Un candidato all’Assemblea Costituente venezuelana, è stato ucciso nella notte fra il 29 e il 30 luglio nella sua casa a Ciudad Bolivar, capitale dello stato di Bolivar, nel Sudest del paese.
La notizia, diffusa dai media locali, è confermata dalla Procura Generale, che ha identificato la vittima in José Felix Pineda (39 anni), precisando che “un gruppo di persone ha fatto irruzione nella sua casa” e lo ha “ucciso con colpi di arma da fuoco”. Altre due persone sono morte durante le manifestazioni contro le elezioni per l’Assemblea Costituente nello stato di Tachira, nell’ovest del Venezuela. Lo hanno reso noto fonti locali su Twitter, che hanno identificato le nuove vittime come Luis Ortiz (15 anni) e Alberto Rosales (53). Ambedue sono stati uccisi da spari di arma da fuoco durante una protesta antigovernativa a Tucapé, piccola località nel comune di Cardenas.
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