“Guardi, ho solo dieci minuti di tempo, sto per prendere un aereo…”. Cortese ma fermo, il professor Paolo Crepet ci mette addosso un po’ di sana pressione. L’abbiamo raggiunto al telefono in un momento che non è il migliore. Accetta tuttavia di parlare, e alla fine il colloquio con Velvet sarà molto più lungo dei dieci minuti previsti. Per fortuna, perché i temi che gli sottoponiamo sono molti. Legati da un filo comune: l’apparente dilagante violenza nella nostra società. Crepet, psichiatra, scrittore e sociologo, offre risposte. Ma anche e soprattutto domande: provocazioni intellettuali, emotive ed etiche. Alle donne in particolare.
Negli ultimi giorni sono comparsi a Riano Flaminio (Roma) cartelli con la scritta “Non affitto casa ai neri, andate via”. A Condove (Torino) un uomo è accusato di omicidio volontario per aver inseguito e travolto con il suo furgone una coppia di motociclisti, rei di aver dato un pugno al finestrino del van per una mancata precedenza. Paura del diverso da un lato; aggressività mortale che si scatena in strada dall’altro. C’è un nesso, professore?
Penso proprio di sì. E io lo chiamo seduzione dell’autoritarismo. In Italia oggi siamo sedotti dall’autoritarismo. Questo è il prodromo del razzismo da una parte e della violenza dall’altra. In ogni caso dobbiamo smetterla di non generalizzare. Generalizziamo, invece. Non nel senso negativo del termine, ma al contrario nel senso di sforzarci di reperire i nessi oscuri che stanno dietro ai casi di cronaca. Io non credo a chi dice ‘Eh ma è un caso particolare, quello era matto, l’altro aveva una vicenda particolare tutta sua…’.
Ma l'”autoritarismo” non era un vecchio ricordo, un architrave della società dei nostri nonni sconfitto nel Sessantotto?
Non è stato sconfitto. Poi, sa, il fascino dell’autoritarismo è un fiume carsico. Scorre sotterraneo e può riaffiorare sotto nuove forme quando meno te lo aspetti.
Insomma, malgrado tutta la nostra modernità tecnologica sembriamo gli stessi uomini di sempre
Guardi che fra il caso di Condove del van che travolge i motociclisti e l’uomo delle caverne che a uno sgarro reagiva magari con un colpo di clava in testa non c’è molta differenza. No, non siamo cambiati molto: a oltre un secolo dalla nascita della psicoanalisi purtroppo dobbiamo riconoscerlo. Siamo insoddisfatti e frustrati. Paolo Villaggio ci ha lasciato una battuta che era molto di più di una semplice stilettata, era una verità profonda: ‘Fantozzi era sfigato ma felice, ora siamo sfigati ma infelici‘. Negli anni ’50 e 60’ la miseria esisteva più che adesso in Italia ma non c’era la violenza, l’invidia, la competitività estrema, lo spirito di rivalsa che esistono oggi. E poi ora tutto è amplificato dai social media.
In quale misura i social aggravano questa situazione?
La violenza nella nostra società c’era anche trent’anni fa. Allora però i social non c’erano. Questi nuovi media, questi mezzi tecnologici per i quali siamo sempre connessi, hanno determinato secondo me un vero e proprio mutamento antropologico nell’uomo moderno. Ci hanno cambiati antropologicamente. Le nostre relazioni umane non sono più le stesse.
Vorrei toccare un altro tema, alla ricerca dei nessi, come lei dice: i femminicidi. Fra il 14 e il 15 luglio 2017 si sono verificati 6 casi nell’arco di 24 ore in Italia. In queste ultime settimane, però, in almeno 2 casi le donne hanno reagito. Uccidendo il partner che le vessava
Alla violenza dico no sempre e comunque. Dunque non giustifico chi uccide. Mai. Di certo il problema è gravissimo. Mi lasci però formulare una domanda un po’ controcorrente. Io alle donne chiedo: perché continuate a innamorarvi di uomini violenti? Questo accade anche a donne che hanno già vissuto relazioni sentimentali con dei violenti ma che poi continuano a intessere rapporti d’amore con maschi dello stesso tipo, come ad esempio nel caso di Caserta (il 13 luglio 2017 una donna è stata uccisa dal suo compagno perché voleva lasciarlo; un anno fa era stata accoltellata dall’ex marito, ndr.). Riescono a elaborare un distacco da questo ‘modello’ maschile? Perché innamorarsi della malvagità?
Qui con noi non ci sono donne che possano replicare. Provi a rispondere lei, professore
La mia risposta è no. Le donne italiane di oggi ancora non riescono a maturare i necessari anticorpi contro i maschi violenti. Occorre che anche loro si interroghino. E forse che ammettano che in realtà gli aspetti violenti, il modello del maschio forte piace… Dietro una donna che resta succube di uomini violenti c’è poi una madre. Cosa fanno le madri delle ragazze vittime di violenze maschili? Credo che non esista ancora da noi una cultura per cui una madre di fronte all’aggressività di un partner maschile verso sua figlia prende risolutamente le difese della figlia. È più facile che dia ragione al marito e padre, il quale magari va dalla ragazza e le domanda: “Ma tu che gli hai fatto perché lui reagisse così e ti facesse del male…”.
Photo credits: Twitter, Facebook
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